Perché il termovalorizzatore è una buona notizia per le metro
Cosa c’entra un termovalorizzatore con le metropolitane? Teoricamente nulla. Tuttavia, la procedura adottata dal Comune di Roma per la realizzazione del nuovo impianto costituisce, senza dubbio, un precedente amministrativo importante anche per le metropolitane.
Infatti, si tratta della prima volta in cui Roma Capitale adotta, per un’opera così ampia e complessa, l’istituto del cosiddetto “Project Financing d’iniziativa privata”, come definito dall’art. 183 comma 15 del D.Lgs. 50/2016.
La procedura adottata prevede la pubblicazione, da parte del Comune, di una “Manifestazione di interesse”, che contiene alcuni elementi essenziali del progetto di concessione. Il Comune definisce quindi cosa gli “interessa”, richiedendo ai privati la presentazione di un Progetto di Fattibilità Tecnico Economica, nonché altri documenti fondamentali, tra cui un’ipotesi di contratto di concessione.
Secondo dei criteri stabiliti, il Comune seleziona il PFTE favorito e lo approva, con opportune modifiche, designando quello che a questo punto diviene il privato “promotore”. Il promotore acquisisce così un “diritto di prelazione” sulla realizzazione dell’opera, la quale viene messa a gara: se altri privati dimostrano di poter realizzare l’opera più economicamente rispetto al promotore, vincono l’appalto, salvo che il promotore non eserciti la prelazione, dimostrando di poter realizzare l’opera alle condizioni economiche più vantaggiose proposte dagli altri partecipanti alla gara.
Nel caso di opere “fredde” come le metropolitane, cioè di opere che non sono sostenute da ricavi commerciali, il finanziamento è garantito di fatto integralmente dal Comune, che finanzia l’opera prima tramite un contributo massimo del 49% dei lavori e poi, successivamente, mediante un canone di concessione che include sia i costi del servizio sia un canone di disponibilità dell’opera.
IL CASO DELLA LINEA D
Un esempio di finanza di progetto per le metropolitane romane in realtà già esiste, si tratta della Linea D. Nel 2005, infatti, stante l’assenza di finanziamenti per la quarta linea della metropolitana di Roma, il Comune fece ricorso alla disciplina introdotta dagli artt. 37 bis e ss. della legge 11 febbraio 1994, n. 109, praticamente identica a quella dell’attuale finanza di progetto di iniziativa privata.
Tuttavia, la scarsa chiarezza sulle modalità di finanziamento dell’opera penalizzarono pesantemente il progetto, vedendo da un lato scemare l’interesse politico e, dall’altro, vedendo l’opera finire, prima ancora della fine della gara d’appalto, sotto il mirino dell’allora Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici, oggi confluita nell’ANAC.
Ma cosa è cambiato rispetto ad allora?
Nel 2021 l’ANAC e la Ragioneria Generale dello Stato hanno definitivamente sdoganato la legittimità del contratto di disponibilità, rendendo quindi applicabile efficacemente, anche alle opere fredde, il modello della concessione. Il rischio per il costruttore, quindi, non va più ricercato nell’attività commerciale in favore degli utenti, o in altre attività commerciali a rischio, ma può essere legato anche alla sola utilizzabilità dell’opera.
Nel caso della Linea D, una serena applicazione di questa modalità di finanziamento avrebbe permesso di evitare le mille ipotesi di messa a disposizione di aree edificabili per cofinanziare la realizzazione dell’opera, che hanno determinato il blocco della gara a causa dell’aleatorietà della modalità di finanziamento immaginata.
Nonostante ciò, siamo dell’idea che non sia il caso di utilizzare la formula della finanza di progetto per opere di dimensioni superiori al miliardo, come sarebbe la Linea D. Il privato infatti, anche con un contributo pubblico considerevole, si troverebbe a dover anticipare ben il 51% del costo dell’opera, con i costi che verrebbero ricoperti solo a partire dalla fine dei lavori e solo nell’arco di una concessione che può durare anche 30 anni. Un meccanismo di finanziamento troppo poco appetibile per il privato e troppo pesante sulle spese correnti del trasporto pubblico di un Comune.
PROLUNGHIAMO LE LINEE ESISTENTI
Se da un lato le nuove linee di dimensioni considerevoli risulterebbero problematiche da realizzare e finanziare con la procedura di cui al 183 comma 15 del D.Lgs. 50/2016, d’altro canto i prolungamenti di linee esistenti potrebbero essere agevolmente realizzati proprio con questo tipo di procedura.
Si potrebbe immaginare, infatti, di separare il gestore dell’infrastruttura dal gestore del servizio, che rimarrebbe sempre ATAC. Così facendo, il privato che realizzerebbe il prolungamento si troverebbe da subito a percepire il canone di disponibilità ed il canone di gestione dell’infrastruttura, garantendo un flusso di cassa appetibile già all’avvio dei lavori.
Peraltro, l’individuazione di un gestore dell’infrastruttura in uno schema di concessione siffatto permetterebbe di inserire, nei lavori, anche una ristrutturazione complessiva delle linee esistenti, prevedendo nello schema anche la possibilità di affidare al concessionario i lavori di adeguamento e ammodernamento delle linee.
Approfondiremo con un prossimo articolo la possibilità, ad esempio, di finanziare la Linea C fino alla Giustiniana.
NON SOLO METRO PESANTI
Ad oggi il Comune di Roma si è concentrato, nella pianificazione e nella realizzazione, sulle sole metro pesanti. La stessa Linea D viene spesso impropriamente definita “metropolitana leggera”, ma è tutt’altro che leggera. La norma UNI 8379 definisce metropolitana leggera, infatti, quel mezzo di trasporto a guida vincolata, in sede propria, protetta e riservata, avente una capacità di trasporto intorno agli 8000 pax/h, con treni tra i 400 ed i 200 posti.
La Linea D, che sarebbe la più “piccola” delle metro pianificate a Roma. avrebbe una capacità di trasporto, con treni da 800 posti, di 32000 pax/h per direzione. La Linea D, in pratica, avrebbe ben 4 volte la capacità di una metropolitana leggera standard.
Non deve sorprendere quindi che le metro romane siano costose e complesse da realizzare: sono dei giganti del trasporto pubblico.
Esistono tuttavia alcune relazioni trasportistiche a Roma, meno indagate perché meno rilevanti, ma comunque compatibili con la domanda di una metropolitana leggera, che risulterebbe utilissimo alla cittadinanza se venissero coperte con nuove e veloci infrastrutture.
La procedura di finanza di progetto d’iniziativa privata potrebbe essere perfetta proprio per questo tipo di infrastrutture. Pensiamo ad esempio a linee simili alla Metropolitana di Brescia, con treni da appena 39m, il cui costo complessivo, per più di 13 km e 17 stazioni, è stato pari a quello della sola stazione Venezia della Metro C.
https://www.romatoday.it/politica/il-natale-senza-stipendio-dei-lavoratori-di-roma-metropolitane.html
Questi sono fatti.
https://romamobilita.it/it/media/pp/metro-c-gualtieri-stazione-colosseo-febbraio-2025#:~:text=%22Stiamo%20procedendo%20con%20la%20progettazione,Conti%20%2D%20Lo%20smonteremo%20nel%202024.
“Febbraio 2025” ….
E’ da tempo che penso che a Roma manchi a sistema una rete di “metropolitane” da intendersi come viene inteso per esempio il Métro di Parigi, che altro non è che un sistema di metropolitana leggera di metropolitane leggere, mentre le nostre linee A, B, C, e se vogliamo anche la R-L nel paragone parigino sono più affini ai RER.
Con spese e tempi di realizzazione più contenuti, si potrebbero coprire tantissime zone che ora non hanno niente e per cui realizzare una linea di metropolitana “pesante” non sarebbe conveniente per un basso rapporto utenza/spesa. Sono contento che il Comitato abbia manifestato questo stesso pensiero
Quali linee di Parigi sono leggere?
Quelle su pneumatici?
Sono tutte linee esercitate su vetture con capacità di 600 passeggeri, oltre il limite dei 400 indicato dal Comitato ma pur sempre inferiore ai nostri “mostri” che assomigliano più ai treni dei loro RER
Manco da molto da Parigi, quindi non sono al corrente delle evoluzioni.
I treni super pesanti, specie quelli complicatissimi su pneumatici, avevano la prima classe (!!!) e sedili doppi, da cui la ridotta capacità.
Anche il paragone colla RER mi lascia perplesso, ma ormai non mi stupisco più di nulla……
Sono d’accordo su tutto, tranne sulle metropolitane leggere. Mi spiego: la metro D, essendo una metropolitana Radiale, deve necessariamente essere pesante.
Sono d’accordo con metro leggere, ma tangenziali (esempio la M5 di Milano, che non attraversa il centro).
Basti pensare che la Metro D passerebbe per stazioni come Venezia e S.Silvestro che, secondo me, saranno le più affollate dell’intera rete romana.
Infatti nell’articolo si scrive proprio che la D non è per niente una metropolitana leggera, a dispetto di come è sempre stata definita
https://www.radiocolonna.it/economia/il-campidoglio-affida-a-roma-metropolitane-il-progetto-per-il-prolungamento-delle-linee-metro-a-e-b/amp/
Altra bellissima notizia. Finalmente dopo la metro C una vera svolta sul futuro della mobilità cittadina.
Se questa giunta dovesse portare a termine oltre alla C fino a Farnesina, il termovalorizzatore i finanziamenti dei prolungamenti delle metro e farsi finanziare la D…
Quanti di voi la rivoterebbero?
speriamo che si metta in moto il tutto…compreso la metro D, leggera o pesante che sia, in modo da decongestionare il traffico pazzesco della Nomentana, creando un parcheggio al capolinea Ojetti, in modo da servire tutto il traffico proveniente da fuori Roma, tipo Tor Lupara… con cittadini quasi costretti ad utilizzare la macchina…
La Nomentana ha visto almeno quattro occasioni mancate per essere servita da una linea di metropolitana come meriterebbe e come uno dei tanti piani regolatori partoriti per questa città prevedeva.
La prima quando nel prolungare la linea B da Termini, si scelse di mandarla a Rebibbia anziché a Piazza Sempione come doveva essere (e per cui era stato realizzato a Monte Sacro nei lontani anni 50 il ponte sulla ferrovia con intercapedine e uscite pedonali), realizzando fermate in zone scarsamente o per nulla urbanizzate, per scopi speculativi sulla valorizzazione di terreni.
La seconda quando, volendo mettere una pezza a questo scempio realizzando la “diramazione B1”, fu cassata in corso d’Opera la fermata “Nomentana” che avrebbe intercettato il carico degli autobus all’incrocio con viale XXI Aprile – Via S. Costanza, vedendosi attraversata da una linea, la B1 appunto, senza fermate.
La terza quando finì nel nulla il progetto di collegamento della stazione B1 “Libia” con la stazione FS Nomentana, che oltre a consentire un agevole scambio tra i due mezzi, avrebbe avvicinato gli abitanti di Saccopastore alla metro.
La quarta quando cadde nel nulla anche il progetto di ponte pedonale tra Conca d’Oro e via Valsolda, che avrebbe fatto lo stesso per gli abitanti della porzione più settentrionale di Saccopastore e Piazza Sempione
Per quanto letto a suo tempo, l’eliminazione della fermata Nomentana dipese dall’inconsistenza dei terreni sabbiosi.
IO
Modesto!