Linea C a Grottarossa: salta il finanziamento. E per il Giubileo 2025 sono stati assicurati solo 2 milioni

L’emendamento bipartisan per la realizzazione della Linea C sino a Grottarossa non è stato approvato.

Come si può verificare sul sito della Camera dei Deputati, l’emendamento all’art. 126 non è stato proprio votato, ma risulta invece essere stato accantonato, evidentemente in attesa di determinazioni del Governo che non sono mai arrivate. Va detto che parliamo di un emendamento finanziariamente rilevante, dal valore di ben 4,6 miliardi, che rimane comunque perfettamente sostenibile per il bilancio dello stato, essendo distribuito in 12 anni.

Ma anche qualora il problema fosse stato economico, se la volontà politica del Governo fosse stata presente, si sarebbe potuto rimodulare l’emendamento, magari limitandolo alle tratte T1-T2 o solo alla tratta T2 Venezia-Clodio.

Ma il problema non è solo la Linea C. Nell’intera legge di bilancio, solo un provvedimento è stato ratificato per Roma ed è relativo al Giubileo del 2025. Riguarda, nello specifico, l’istituzione di un tavolo per il Giubileo, finanziato con solamente 2 milioni di euro in 2 anni, che dovrà definire il piano degli interventi da attuare entro l’Anno Santo.

Ma qui finiscono i fondi assicurati per il Giubileo: 2 milioni di euro. Infatti, sebbene questo sia questo lo strumento nel quale dovrebbero confluire tutte le varie necessità economiche della Capitale, potenzialmente anche in materia di trasporti, al momento non vi è alcuna copertura relativa alle potenziali esigenze che emergeranno dal tavolo.

Viene da chiedersi cosa si pensi di pianificare e realizzare negli appena 1000 giorni lavorativi che ci separano dall’apertura della Porta Santa, senza avere già da adesso almeno uno stanziamento definito da cui partire per gli interventi più urgenti e arcinoti, peraltro già pianificati nei numerosissimi strumenti di indirizzo urbanistico e trasportistico che gli enti locali sono tenuti ad adottare.

Ad esempio, sarebbero bastati 145 milioni di euro per acquistare circa 700 autobus. Parliamo di una semplice fornitura, facilmente eseguibile in questi quattro anni mancanti. Ma per vedere questi bus tutti in in strada entro il 24 dicembre del 2024, giorno d’inizio delle celebrazioni, il bando dovrebbe essere pubblicato al più a giugno 2021. Sarà invece impossibile completare qualsivoglia intervento tra due anni, quando forse il “tavolo per il Giubileo” avrà partorito il piano degli interventi.

Ma nel Governo Italiano, per l’ennesima volta, ci sono due pesi e due misure, visto che per le Olimpiadi di Milano Cortina 2026 è passato senza troppi problemi l’emendamento 142-bis, che prevede risorse proprio per 145 milioni di euro nel biennio 2021-2023, che vanno ad aggiungersi al miliardo già assegnato con la Finanziaria 2019. Ma in questo caso non sono servite Commissioni, piani di intervento e tavoli interistituzionali, come invece si vorrebbe far credere necessario con il Giubileo 2025.

L’esperienza del Giubileo del 2000

In molti sperano che il Giubileo 2025 possa essere una nuova vetrina internazionale per Roma, al pari del Grande Giubileo del 2000, tanto più se si considera che i prossimi quattro anni saranno fondamentali per consolidare la ripartenza economica dopo l’emergenza Covid.

In tema di investimenti per Roma, giova proprio raccontare come ha funzionato il finanziamento degli interventi in occasione del Giubileo del 2000.

Il primo provvedimento è stato il decreto legge 23 ottobre 1996, n. 551, recante “Misure urgenti per il Grande Giubileo del 2000”, poi convertito nella legge 23 dicembre 1996, n. 651. Anche in quel caso con circa 4 anni di anticipo e con l’indirizzo di nominare una commissione. Ma il provvedimento prevedeva già dal primo anno centinaia di milioni lire da utilizzare per il Giubileo, da spendere nel contesto della legge 15 dicembre 1990, n. 396, detta “Legge per Roma, Capitale della Repubblica”, che già prevedeva finanziamenti e commissioni per la definizione degli investimenti necessari a Roma per garantire le proprie funzioni di Capitale, a prescindere, ovviamente, dal Giubileo stesso.

Complessivamente, la legge n. 551 prevedeva un tetto di spesa di 3500 miliardi di lire, ovvero finanziamenti per circa 1,808 miliardi di euro, da spendere in 5 anni. Un’enormità rispetto a quello che si sta prospettando per il Giubileo 2025.

L’irrilevanza politica di Roma

Da romani, non possiamo ignorare il fatto che dagli 1,808 miliardi di euro del 1996 si sia passati 2 milioni di euro del 2020.

Evidentemente, il potere politico della Capitale negli ultimi anni è crollato. Un crollo verticale, visibile da tempo nei documenti di finanzia pubblica, in particolare a partire dalla consiliatura Alemanno, ma esplosa violentemente con le amministrazioni Marino e Raggi.

Una debolezza  presente anche e soprattutto nei confronti dei propri stessi partiti. Non a caso, la sindaca Raggi uscendo vincitrice dal tribunale ha sfidato il suo stesso movimento, dichiarando: “se vogliono dire o fare qualcosa realmente, facciano arrivare risorse e gli strumenti per utilizzarle ai romani e alla mia città”. Un appello evidentemente ignorato.

Quello che è ancor più clamoroso è che questa debolezza, oggi, si inserisce in un contesto dove sono romani diversi attori politici cruciali nella formazione del bilancio dello Stato.

Primo tra tutti è romano il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, per giunta eletto deputato nelle suppletive 2020 proprio per il collegio Lazio 1-01, ovvero il collegio di Roma che verrebbe attraversato dalle tratte T2 e T1 della Linea C. Collegio dapprima occupato da Gentiloni, Romano anch’esso ed oggi Commissario europeo per gli affari economici e monetari. Romano, per giunta anche consigliere comunale a Roma e candidato sindaco, è Stefano Fassina, relatore del progetto di legge 2790-bis, ovvero la Legge di Bilancio 2021. Anche il segretario del principale partito della maggioranza di Governo è romano: parliamo di Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, di cui Roma, nel caso qualcuno se lo fosse dimenticato, è capoluogo.

Al di là della lampante debolezza politica dell’Amministrazione Raggi, viene da chiedersi come sia possibile che in un sistema di Governo così costruito, dove il Ministro dell’Economia è un romano eletto a Roma, nessuno abbia appoggiato o avanzato una proposta decente per destinare risorse alla Capitale d’Italia.

Rimane un fatto: in un modo o nell’altro, dal dopoguerra in avanti tutti i grandi passi avanti della Capitale in materia di infrastrutture sono avvenuti per la volontà dello Stato e sono riconducibili ad agende politiche maturate presso i vertici del Governo Italiano. Con le leggi per Roma Capitale, emanate tra il 2009 ed il 2012, qualcosa si è rotto.

Se non si porrà rimedio alla dissoluzione del rapporto tra lo Stato e la sua Capitale, il destino della Città è segnato.