Il riempimento dei mezzi all’80% vuol dire 4,8 persone al metro quadro

In questi giorni non fanno altro che circolare foto di metropolitane in ora di punta.

Persone ammassate, poco distanziamento e con essi la netta impressione che il trasporto rapido di massa non sia sicuro. Nessuna città è stata risparmiata: Roma, Milano, Torino, Genova, Napoli.  Non c’é rete metropolitana e, più in generale, non c’é rete di trasporto pubblico che non vanti un articolo scandalistico o una polemica feroce.

IL PROBLEMA DEL RIEMPIMENTO

L’apertura delle scuole ha coinciso con una dura opposizione delle Regioni alle limitazioni al trasporto pubblico. Il Governo ha risposto con il DPCM 7 settembre 2020, innalzando all’80% il riempimento massimo dei mezzi di trasporto. Ciò significa che i mezzi che possono normalmente trasportare 5 persone, oggi ne trasportano 4.

Ma quattro quinti è un valore altissimo. I posti in piedi in un mezzo pubblico, infatti, sono calcolati sulla base di un coefficiente di riempimento o, per meglio dire, di “affollamento”, pari a 6 persone al metro quadro. Ridurre all’80% il riempimento dei mezzi significa permettere un affollamento di 4,8 persone al metro quadro. Un valore che chiaramente non garantisce un distanziamento di un metro tra i pendolari, in quanto in un quadrato di un metro per lato si lasciano sostare ben 4,8 persone.

Tenendo a mente questo coefficiente, ci si rende conto rapidamente che in quasi tutti i reportage fotografici pubblicati dalla stampa siamo ampiamente nel rispetto della norma, tanto che anche i dati macroscopici sugli utenti, ricavati dall’app Moovit, vedono una riduzione complessiva dell’utenza intorno al 25%. Si è sforzata di spiegare questo concetto, purtroppo senza la dovuta risonanza, l’ANM di Napoli, la società che gestisce la metropolitana nel capoluogo campano. Non a caso, la Regione Campania ha annunciato nella giornata di ieri un’ulteriore riduzione della capienza massima dei mezzi.

Milano, Linea 1

Pertanto, piuttosto che interrogarsi sul rispetto o meno della norma, sarebbe opportuno discutere sull’opportunità della norma stessa, che appare quantomeno incoerente con le disposizioni di distanziamento che si applicano in altri settori, sopratutto in luce delle scarse capacità di tracciamento di cui oggi dispone l’Italia. Ma cosa possiamo fare, allora, per ridurre l’affollamento sui mezzi?

IL POTENZIAMENTO NON È UNA SOLUZIONE PERCORRIBILE

La risposta naturale al problema dell’affollamento sui mezzi è il potenziamento del servizio. Al problema di un servizio insufficiente, infatti, sembra ragionevole e consequenziale proporre un aumento dell’offerta. Ma potenziare il trasporto pubblico, in particolar modo nel caso delle metropolitane, è quasi impossibile. Le infrastrutture di trasporto hanno dei limiti tecnici di capacità definiti, che per essere superati richiedono tempi assolutamente incompatibili con l’emergenza sanitaria.

Ad esempio, per aumentare anche di un solo treno la flotta delle metro a Roma, solo a partire dall’aggiudicazione della gara occorrono almeno 36 mesi. Volendo seriamente ridurre gli intertempi, magari a 90 secondi, occorrerebbe anche intervenire su segnalamento e alimentazione elettrica: da aggiudicazione, ancorché con procedure straordinarie, occorrerebbero non meno di 48 mesi, tralaltro in soggezione di esercizio, col rischio di dover chiudere la metro per realizzare i lavori. Tutto questo senza considerare anche il problema della capienza dei depositi, che per contenere più treni vanno ampliati, con probabili varianti urbanistiche, espropri, lavori e progetti e senza considerare anche i tempi di assunzione di ulteriori macchinisti. Più semplice può apparire il potenziamento dei bus, ma parliamo comunque di almeno 12 mesi dall’aggiudicazione, sufficienti solo a fornire un numero risibile di veicoli, rispetto alle esigenze, anche in questo caso ignorando il problema dei depositi e degli autisti.

Insomma, appare ovvio che qualsiasi intervento di potenziamento rilevante del trasporto pubblico vada ben oltre le prospettive temporali della pandemia.

L’UNICA STRADA È IL CONTROLLO DELLA DOMANDA

L’unica reazione possibile, oggi, è l’introduzione politiche di Transport Demand Management: telelavoro, lavoro agile, diversificazione degli orari e dell’offerta di trasporto. Portare al 70% la quota di lavoro agile obbligatorio (o almeno consigliato) sarebbe stata una risposta adeguata al problema del trasporto pubblico. La rinuncia a questa opzione finisce per ricondurre alla diversificazione dell’offerta l’intero onere del soddisfacimento della domanda inevasa. Una diversificazione che, più che altro, si traduce in un aumento dell’utilizzo dell’automobile, poco sostenibile e comunque legato alla capacità delle infrastrutture stradali, poiché i sistemi di mobilità individuale complementari al trasporto pubblico, quali biciclette o monopattini, risultano ancora non sufficientemente appetibili per gli utenti.

IL TRACCIAMENTO

Fermo restando quanto detto, occorre infine segnalare che attualmente non esistono dati analitici sulle conseguenze dell’affollamento in metropolitana. Non si può ignorare, infatti, che il raggiungimento del limite dell’80% avviene solo in alcune specifiche fasce orarie o, comunque, solo in caso di interruzioni o irregolarità del servizio. Abbiamo premesso, infatti, che il tema del trasporto pubblico esiste in quanto non disponiamo di un sistema di tracciamento adeguato. Un sistema di tracciamento efficace potrebbe bilanciare ampiamente i rischi dell’affollamento.

Tuttavia, la prospettiva di dotare il paese di tale sistema appare ancora troppo remota, seppure sicuramente più raggiungibile di un potenziamento del trasporto pubblico. Se si vuole evitare l’effetto economico di un’improvvisa conversione di massa al lavoro agile, il tracciamento è l’unica strada perseguibile.

Su questo tuttavia, anche noi cittadini e pendolari possiamo fare qualcosa. Da mesi, è disponibile sui maggiori app-store “Immuni”, l’applicazione che permette di tracciare i contatti in totale anonimato, adottata dal Governo Italiano per far fronte all’epidemia. Scaricarla non costa nulla ed è un primo passo, che può partire proprio da noi.