Perché Roma ha così poche metro?
Foto di Carlo Andrea Tortorelli
In questo ciclo di approfondimenti vogliamo raccontare la “falsa partenza” della metropolitana di Roma, ovverosia quei motivi, tutti politici, per cui la classe dirigente romana e nazionale ha creduto sempre poco nelle grandi infrastrutture di trasporto collettivo di Roma, ritardandone e rifiutandone a lungo lo sviluppo.
Anni |
Km di Metro realizzati |
Km di Metro totali |
1930 – 1960 |
~ 10 km |
~ 10 km |
1960 – 1990 |
~ 20 km |
~ 30 km |
1990 – 2020 |
~ 30 km |
~ 60 km |
Come si può evincere dalla tabella, solo negli ultimi 30 anni la città ha avuto uno sviluppo della rete ragionevole, pari a circa 1km l’anno, avvicinandosi alla crescita che in media è avvenuta nelle altre capitali europee.
Nel dettaglio, il decennio tra il 2005 ed il 2015 è stato il più prolifico in assoluto della storia di Roma con ben 23km di metropolitane costruiti in 10 anni, una media di 2,3km costruiti ogni anno. Tutto questo grazie alla contemporaneità dei cantieri delle linee B1 e C, portati avanti oltretutto nel pieno della crisi economica.
Eppure, per arrivare ad avere una struttura che fosse in grado di mantenere questo ritmo di costruzione ci sono voluti decenni. Ma il futuro rischia di non essere così roseo, considerato che dopo i cantieri della tratta Colosseo-Fori Imperiali rimane ancora un grande punto interrogativo.
Ma partiamo dall’inizio.
IL PRG ’65: ROMA, LE METRO E LA MOTORIZZAZIONE
In questo giorno di 60 anni fa veniva adottato dal Consiglio Comunale il Piano Regolatore Generale di Roma. Era il 24 giugno 1959, Roma si preparava alle Olimpiadi e il primo PRG repubblicano era pronto. Ma l’approvazione del Piano non arriverà prima di 6 anni. Le numerose divergenze politiche e le obiezioni tecniche, tra cui anche quelle relative alla metropolitana, costrinsero infatti a realizzare una nuova versione del Piano nel 1962. Per l’approvazione definitiva si dovrà attendere infine il 1965.
Non troverete, nella relazione del piano, nessuna di quelle scuse pseudotecniche utilizzate in tempi più recenti, come l’archeologia, la geologia o i sottoservizi, ma nuda e cruda, invece, l’ideologia alla base del ritardo infrastrutturale di Roma. Un’ideologia espressa senza mezzi termini nelle relazioni, quasi identiche tra loro, dei PRG adottati nel 1959 e nel 1962, fatta eccezione per la configurazione di rete metropolitana immaginata, che andremo più avanti ad analizzare.
Leggiamo nella relazione: “Il problema della ferrovia metropolitana della città è stato discusso nelle riunioni della Conferenza dei Servizi […]. Da un punto di vista generale è stato osservato che i trasporti pubblici collettivi tendono di solito ad essere sempre meno intensamente utilizzati dai cittadini i quali manifestano invece una spiccata preferenza per i trasporti individuali motorizzati, come dimostrano le ben note statistiche sullo sviluppo della motorizzazione. Pertanto nel piano regolatore di una moderna città, proiettato nell’avvenire per alcuni decenni, il problema fondamentale dei trasporti risulta essere quello di tener conto e favorire lo sviluppo della motorizzazione.”
L’obiettivo politico del Piano, in termini di trasporto pubblico, è limpidamente esposto: realizzare una città fondata sulla motorizzazione. Le conclusioni quindi sono inevitabili:
“[…] La costruzione della grande rete viaria e la realizzazione delle strade rapide urbane costituiscono una necessità insopprimibile. È stato anche osservato che tali strade possono assai utilmente essere utilizzate anche dai trasporti collettivi, naturalmente mediante veicoli su gomma. L’impiego di autobus e filobus viaggianti su strade rapide urbane dà luogo a risultati di esercizio notevolmente diversi da quelli che si ottengono attualmente con gli stessi veicoli sulle strade di tipo ordinario. Ove infatti si ricorra a taluni accorgimenti per le fermate, fra cui quello di distanziarle adeguatamente, similmente a quanto si fa per i treni delle ferrovie metropolitane, si possono ottenere dagli autobus e filobus le stesse velocità commerciali che si hanno con le metropolitane […].”
Anche se in teoria stiamo leggendo il paragrafo sulle metropolitane, il tema delle strade non solo è ricorrente e costante, ma centrale. In questo caso si vorrebbe far credere che con un’adeguato sistema viario è possibile sostituire la rete metropolitana attraverso autobus rapidi. Un’affermazione palesemente falsa e priva di fondamento, che isola il fattore della pari velocità commerciale (ammesso e non concesso che sia vero) tralasciando comunque tutti gli altri fattori, come la capacità del servizio e l’economia di esercizio.
“Una tal soluzione”, cioè quella di usare gli autobus, “era sconosciuta all’epoca in cui, più di mezzo secolo fa, altre grandi metropoli ebbero a risolvere i loro problemi di trasporti, in un’epoca in cui la motorizzazione era inesistente: allora non v’era altra soluzione che la metropolitana. L’accettazione integrale dell’impiego di questa per i trasporti collettivi di una città moderna porterebbe oggi alla costruzione onerosissima d’un duplice sistema di infrastrutture di trasporto, dei quali uno per la rete della metropolitana e l’altro per la grande rete viaria occorrente alla motorizzazione”.
E dove non è possibile realizzare queste “strade rapide urbane”?
“[…] In quelle zone più vicine al nucleo storico ove l’attività attuale e futura della città si manterrà elevata riesce sempre più difficile poter disporre di sezioni viarie adeguate ad alti volumi di traffico. Ne consegue che l’impiego della metropolitana a sussidio del sistema viario risulta sopratutto conveniente nelle zone della città già costruita più vicine al nucleo centrale. Sarebbe, anzi, addirittura possibile far attraversare lo stesso nucleo centrale da qualche linea metropolitana: si potrebbe addirittura affermare che solo in quest’area la metropolitana costituirebbe un sistema insostituibile per trasporto collettivo veloce. Ma la nota impostazione urbanistica intesa a non favorire ulteriormente concentramento di attività nel nucleo storico, ma anzi ad incoraggiarne il decentramento, contrasta con lo sviluppo della metropolitana nella area centrale.”
In queste poche righe si espleta la principale assurdità che ha coinvolto la metro di Roma: l’idea che la metropolitana debba toccare il centro solo tangenzialmente, perché penetrandolo comporterebbe ulteriore accentramento, quando invece è l’esatto contrario. Solo in una città con una mobilità “isotropa”, cioè dove ogni luogo è più o meno raggiungibile in tempi più o meno simili, le varie funzioni urbane si possono disperdere equamente tra i quartieri senza stressarli né in eccesso, né in difetto, come in un sistema di vasi comunicanti.
A nostro parere, se il Centro Storico di Roma si è snaturato è proprio per la difficoltà che hanno i romani nel raggiungerlo, mancando un sistema di trasporto rapido di massa efficiente. Questo, in diversi decenni, ha prodotto uno sbilanciamento commerciale che ha visto i turisti soppiantare i locali come principale generatore di domanda commerciale e abitativa. Ciò induce inevitabilmente un’offerta, sia commerciale che abitativa, commisurata alla domanda turistica, piuttosto che alla minoritaria domanda locale.
Dal libro di H. Jaffe “L’imperialismo dell’auto” del 2004 alle recenti esternazioni del neo presidente della regione Piemonte possiamo apprezzare l’evoluzione e la maturità della nostra classe dirigente e politica. Roma è in perfetta sintonia e continuità con questa cultura. Il copione è sempre lo stesso: smantellare il trasporto pubblico per favorire la motorizzazione privata.
Molto illuminante il commento sui grandi edifici (anche vuoti) non raggiunti e la conseguente fuga di aziende (a Milano).
A proposito di Milano ricordo il sistema costruttivo (superficiale) e progettuale (prolungamenti con apertura immediate e consecutive di fermate).
I grandi progetti non solo non arrivano mai a completamento, ma impegnano energie in snervanti infinite ed inutili discussioni (utili solo per qualche medaglia….)
A Roma poi non vi sono manager capaci: la metro C ha problemi quotidiani (ieri chiusa S.Giovanni), convogli che si fermano decine di minuti (Torre Angela), indicatori orari che ….danno i numeri, tratti percorsi a passo d’uomo per mesi, prima che si corregga il programma.
Continuare a pensare metro passanti e profonde (sempre metro C, decine di ascensori e scale mobili ferme da giorni) è pia illusione. Il centro, limitando ulteriormente il traffico privato, è ben percorribile con normali bus, mentre, fuori le mura ed il GRA, il traffico è insostenibile ed insopportabile.
Ricordo Ciampino che è cresciuta “intorno” alla stazione.
Quindi con prolungamenti (una stazione/anno?) ed un supporto valido al progetto Metrovia, in una decina di anni usciremmo dal tunnel, anche realmente, perché molti prolungamenti si possono realizzare al pian di campagna (tempi rapidi e costi ridotti).
Sacrosanto quanto scrivi sull’esigenza di realizzare prolungamenti, Metrovia e serie pedonalizzazioni.
I passanti centrali andrebbero limitati a quanto utile, risolutivo e realizzabile a dieci anni (per me completamento Metro C e passante Piramide-Flaminio).
Poi tanti estensioni periferiche, pensiamo ai prolungamenti A e B, ma anche ad altri facilmente realizzabili:
– sulla Lido (es. Eur2-Spinaceto-Castel Romano-Pomezia per una Metro F Flaminio-Piramide-EurMagliana-Eur2-Spinaceto-Pomezia)
– sulla Nord (Monte Antenne-Prati Fiscali-Ojetti per una Metro G Flaminio
– tratta sud D da Trastevere a Portuense e Corviale
– sulla Roma Viterbo (da Gemelli per Torrevecchia e Torresina)
– grandi Metro tram su viali ad alto scorrimento (vedi sotto)
Una metro f per Pomezia?
Spero che scherzi perché i costi non sarebbero mai ammortizzati dal beneficio tratto.
Spinaceto deve essere servita dagli autobus Cotral che partono e arrivano da Laurentina e so per certo che ogni 10-15minuti ne passa uno per verso sulla Pontina,quindi gli autobus ci sono basta farlo deviare a Spinaceto.
Per Pomezia basterebbe smantellare l’idea che Santa Palomba sia Pomezia e creare una nuova stazione ferroviaria facendo passare a Pomezia i treni di Nettuno.
Pomezia non è Roma come Aprilia non è Roma e per arrivarci serve il treno non una metro di 30km.
Poi quando si propone qualcosa bisogna pensare a cose realizzabili.
A proposito, da Milano: anche qui si va nella direzione di non fare più sottoattraversamenti passanti del centro storico (che è molto più piccolo di quello di Roma).
Il progetto della Linea 6 è stato sostanzialmente abbandonato per concentrarsi sui prolungamenti. L’estensione della M5 verso Monza sarà lunga praticamente tanto quanto tutta la linea esistente. Verranno prolungate la M1 a ovest, la M2 a sud, la M3 a nord. Si stanno perfino ritirando fuori dai cassetti i progetti, a suo tempo cassati, di due super-prolungamenti: della M3 fino a Paullo (più o meno come dire da Roma a Colleferro, come distanza e come posizione) e della M2 fino a Vimercate (come da Roma a Fara Sabina, più o meno). C’è da dire che la M2 ha giù una diramazione suburbana molto estesa che arriva fino a Gessate, quasi ai confini con la provincia di Bergamo.
Ancora non è stata aperta la linea 4 e già si progettano i prolungamenti. Il gigante immobiliare australiano Landlease, che sta costruendo a Segrate un megacentro commerciale di lusso a marchio Westfield, ha tirato fuori di tasca propria 700 mila euro per finanziare lo studio di fattibilità del prolungamento della M4 da Linate a Segrate.
E’ presumibile che con l’assegnazione delle Olimpiadi invernali tutti i progetti subiscano un’accelerata. L’obiettivo dell’amministrazione (un po’ ottimistico secondo me) sarebbe di passare dai 120 km di rete attuali (M4 inclusa) a 200 km per il 2026.
E parlando di Olimpiadi, se fossi romano sarei molto, ma molto amareggiato, per usare un eufemismo. Infatti le Olimpiadi invernali a Milano sono il Piano B: il Piano A erano le Olimpiadi estive a Roma, occasione perfetta per adeguare le infrastrutture della città. Peccato che l’ineffabile Raggi, in nome della decrescita felice (?), abbia ritirato la candidatura, a iter già iniziato a differenza di Monti, indisponendo non poco il CIO e facendo fare una figuraccia al CONI e a tutto il Paese con Malagò che si era già speso e aveva già ottenuto molti appoggi.
E quindi anche il romanissimo Malagò si è dovuto rivolgere quassù…
Se hai visto ieri sera un pezzo della trasmissione su LA7 con la Merlino, Mentana ha dipinto un ritratto perfetto di Roma e dei Romani. che, amaramente, non posso che condividere. Il romano medio, se da un a parte è costantemente “lamentoso” sulla situazione di degrado, abbandono e sciatteria sempre crescenti e inesorabili, oramai da decenni, in cui versa la città, allo stesso tempo il suo “lamento” è sterile e rassegnato, come a dire: noi siamo così e nulla potrà migliorare. La giustissima considerazione che fai sulle Olimpiadi di Roma, occasione mancata per u nrilancio della città (ma potrei dire lo stesso per il progetto Stadio così come era stato concepito da Marino-Caudo), è osteggiata dalla stragrande maggioranza dei Romani, che ti risponderebbero: ma se non siamo capaci di togliere la monnezza dalla strada, come puoi pensare che saremmo stati capaci di organizzare una Olimpiade? In questa frase si palesa tutta la consapevolezza di inferiorità incurabile e irreversibile della razza romnana nei confronti persino della “svizzera” Milano, inferiorità che è fatta quasi vanto del provincial-romano medio, che se ne frega di vivere in una città che dopo l’EUR ha cessato di avere una visione del futuro, perché “tanto ciavemo er coloseo”. Mi domando sotto l’effetto di quali sostanze fosse la classe dirigente sabauda quando, ignara, deliberà per spostare la Capitale dalla splendida Torino (mando a dirlo, rivitalizzata dalla Olipiadi del 2006) alla provinciale, già decaduta da secoli, ex capitale di un tramontato, lontano impero e di un papato oramai ombra di se stesso
Alex, anche io ero uno che pensava che uno Stadio fatto come si deve e delle Olimpiadi fatte per bene sarebbero state un grande volano di crescita per gli investimenti in mobilità di Roma.
Ma ci ha smentito seccamente come sono andate le cose sullo Stadio.
Per fare grandi progetti di sviluppo, ci vogliono società civile sana, imprenditoria moderna e non predatoria, istituzioni preparate e capaci di fare sistema per un obiettivo di benessere comune.
A Roma gli imprenditori che lavorano sui grandi progetti sono rentiers senza scrupoli, che sulle loro reti di contatti e affari costruiscono condizioni loro favorevoli a scapito della collettività. È il caso di Parnasi, evidente, che coopta l’avvocato genovese e l’imprenditore americano. È il caso della Metro C, in cui un consorzio di aziende altrove celebri per ottimi progetti, a Roma diventa una macchina mangia soldi e spreca tempo, finita sotto la lente della Corte dei Conti per un metodo studiato di proliferazione dei costi.
E poi, la qualità istituzionale è vergognosa. Parliamoci chiaramente:
– è vero che la Raggi ha smontato il generoso progetto Marino-Caudo distorcendo l’equilibrio degli investimenti pubblici e privati
– ma perché Regione e Comune precedente avevano dato il via libera ad un progetto fuori da qualunque piano regolatore? In una area trasportisticamente già critica?
– E perché la Regione, che ha competenza su quattro delle cinque principali infrastrutture che insistono su Tor di Valle (Roma Lido, ferrovia Ostiense Fiumicino, via del Mare e via Ostiense) non ha MAI fatto un investimento strategico sui tre progetti di Metro E Roma Lido, Metro F Fidene Tiburtina Fiumicino e unificazione superstrada Ostiense-via del Mare fondamentali per tutta Roma Sud-ovest? Con questi tre progetti (metro E Roma Lido per metà già finanziata da tre anni, Metro F Fidene Tiburtina Fiumicino finanziabile con le enormi risorse a disposizione di Rfi e unificazione Ostiense-via del Mare non più rinviabile) lo stadio a Tor di Valle sarebbe stato pienamente sostenibile, con riduzione della speculazione edilizia approvata da Marino-Caudo. Quegli investimenti competono al pubblico, non ai privati!
Con una Regione che opera in questo modo (anche sulla Giardinetti e la Roma Nord l’ostracismo a progetti sacrosanti è vergognoso), con imprenditori locali come Parnasi e una amministrazione comunale che affonda nell’ordinario per mancanza di fondi, competenze, strutture e seria programmazione, le Olimpiadi sarebbero state un disastro e un pozzo senza fondo di corruzione, mettiamocelo in testa, l’inchiesta Tor di Valle questo dimostra. E prima lo hanno dimostrato i Mondiali di Nuoto, Tor Vergata incompiuta, il Giubileo del 2000.
A Roma tutto è fermo (Metro, tram, stadi, ma anche riqualificazioni vedi piazza Verdi Mercati Generali ex Fiera e compagnia) per questo mix di fattori. Anziché di eventi estemporanei come quelli sportivi, per ammodernarsi e svilupparsi Roma si dovrebbe dotare di un fondo sovrano, gestito dallo Stato, proprietario di beni e concessioni di volumi, che da un lato valorizzi quello che c’è o si può concedere ai privati (aree da recuperare, nuove urbanizzazioni, parcheggi, stadi, etc.) e dall’altro realizzi quello che serve (Metro, tram, ammodernamento grande viabilità, case popolari, verde attrezzato, centri culturali e sportivi).
Solo per ricordarti che tutta la vicenda corruttiva su parnasi e lo stadio è stata innescata proprio dalla politica dei 5 stelle. Il progetto è nato male sotto Alemanno, caudo ha fatto di tutto per portare a casa il maggior numero di vantaggi migliorando un progetto che ha ereditato. I 5 stelle Hanno smontato tutto quanto di buono c’era e hanno aperto la strada alla corruzione. Il resto è cronaca. avrebbero fatto più bella figura se avessero mantenuto la loro linea intransigente revocando la pubblica utilità (e potevano farlo anche senza rischiare di pagare le penali). Non hanno avuto le palle perché hanno temuto di perdere i consensi della tifoseria romanista. Adesso che la stessa tifoseria è in maggioranza contro Pallotta, stanno cogliendo la palla al balzo per mandare tutto a monte lasciando il cerino nelle mani della Roma. Due cose potevano fare: bloccare subito tutto mostrando coerenza con la loro linea politica manifestata in campagna elettorale, o ingoiare il rospo e portare avanti il progetto così come caudo lo aveva migliorato. Non hanno fatto né l’una né l’altra cosa ma solo un pasticcio, e ora da Ostiense spero solo che vada tutto a monte e che lo stadio se si farà si faccia a Fiumicino
Piccola grande esternalità negativa e abbaglio politico-amministrativo del progetto Alemanno-Marino-Caudo: dov’è l’interesse pubblico a costruire un polo di servizi aggiuntivo in un quartiere in cui già lo Stato possiede complessi da riconvertire (ex Fiera, Torri Ligini) e uffici che si svuotano (Eni), in cui complessi privati di uffici sono sfitti (Colombo e Caravaggio), in cui addirittura esistono nuovi complessi mai entrati in funzione (Navigatori)?
Quale è l’interesse pubblico ad aver concesso questa deroga alla pianificazione urbanistica, a deterrenza di quei valori immobiliari pubblici e privati del quadrante?
Perché come Comune mi dovrò accollare la manutenzione di strade e parcheggi per un nuovo complesso di uffici che non serve e mi svuota ancora più Eur, Colombo e Tor Marancia? Quando già ho area Eur2 ed ex Velodromo da riportare a decenza?
Quindi avrebbero dovuto revocare l’interesse pubblico, non ci piove.
Ma rimane il fatto che se la Regione avesse fatto il suo anno e anni fa (Roma Lido Metro E, ferrovia Fiumicino a 5’,raccordi e unificazione via del Mare – via Ostiense) a Tor di Valle lo stadio lo avrebbero fatto senza la necessità di una speculazione privata legalizzata, come quella approvata da Marino-Crudo (sarebbe bastato solo un ponte).
E la cosa patetica è che se cade tutto, la Roma Lido, la via del Mare e la Ostiense rimangono così…
Inutile continuare a discutere sullo Stadio versione Marino-Caudo, anzi chiedo venia per aver tirato in ballo l’argomento. E’ evidente che abbiamo punti di vista differenti, e non escludo che sia più giusto il tuo, ma su una cosa siamo d’accordo: meglio mandare tutto a monte piuttosto che ostinarsi a portare avanti il progetto così come è stato modificato. Snaturato dal punto di vista urbanistico, con anonimi edifici orizzontali al posto delle torri di Libeskind, assolutamente insostenibile dal punto di vista viario e trasportistico, catastrofe per il quartiere e pericoloso per gli stessi avventori in caso di incidenti, altro che pubblica utilità! Quindi si abbia almeno il coraggio di revocare la pubblica utilità, invece di non-decidere nemmeno quando si tratta di dire NO lasciando il cerino in mano del proponente
Buongiorno a tutti
Mi permetto di citare ” Da un punto di vista generale è stato osservato che i trasporti pubblici collettivi tendono di solito ad essere sempre meno intensamente utilizzati dai cittadini i quali manifestano invece
una spiccata preferenza per i trasporti individuali motorizzati, come dimostrano le ben note statistiche sullo sviluppo della motorizzazione. Pertanto nel piano regolatore di una moderna città, proiettato nell’avvenire per alcuni decenni, il problema fondamentale dei trasporti risulta essere ”
e di esprimere un parere commento ” Apparentemente Banale o da ” Scoperta dell’ Acqua calda , che 2+2 fa 4 ” Da Asilo Infantile o Mariuccia di 1 volta Ma Paradossalmente e Realmente ” PROFONDO..
1 degli Innumerevoli esempi di aree geografiche di Roma che Rendono l’ idea
Come Potranno Mai gli Abitanti della Via Cassia ( sono andato 3-4 volte in passato all’ Ospedale Villa S. Pietro negli ultimi 3 anni ) strettissima, di Corso Francia e zone limitrofe ( nelle ore di Punta ) ” Pensare di rinunciare alla Macchina, alla Moto od allo scooterone Senza Metropolitana MC ” forse NEL 2045 ?? senza Tratto urbano delle Ferrovie Regionali , dovendo aspettare , quando dice bene 1/4 d’ ora , talvolta mezz’ ora, Autobus che, proprio xche’ Viaggiano in superficie condividono con il mezzo privato di trasporto la Carreggiata e Non sono per tanto 1 Alternativa in quanto Lenti, Imbottigliati nel Traffico ?? Cosi come coloro che vivono sulla Portuense , Zona Gregorio VII e tante altre. Poi in 1 città in cui ( Vedi MB ” 1955-1990 & MA Inizio Lavori 1964, apertura al Pubblico Febbraio 1980 e 1 Gennaio 2000 ” Fino a Battistini ) ci sono voluti mediamente ” 35 anni – 36 anni per prolungarle e completarle e dove anche la C ahimè’ sta seguendo le orme delle altre 2 Linee prima di lei
Complimenti a chi scrisse il piano regolatore del 58. Sicuramente aveva una competenza analoga a quella dei 5 stelle.
Ma, su questo però ai 5s non si può rimproverare niente, hanno una visione radicalmente opposta, basata sul tpl. Nel Pums stanno progettando (lentamente) tante tranvie, preferenziali e piste ciclabili, stanno reniserendo la D, la conversione in metro di E Lido ed F Nord. Peccato per le storture come funivie varie e people mover, ma magari dopo la fase di consultazione ne vedremo meno.
Ci vuole onesta da parte di chi commenta, non si possono dare colpe all’attuale giunta che invece sul trasporto ha avuto una visione radicalmente contraria a favorire il trasporto privato. Vedi le piste ciclabili o corsie preferenziali realizzate su cui hanno avuto contro comitati di macchinari.
Bravo!!
Molto interessante, complimenti.
Avevo iniziato a lavorare da poco, ma ricordo che perfino nel 1986 lo studio di rete fatto dall’intermetro ebbe non poche critiche tutte incentrate sul concetto “non si possono convogliare tutte le risorse economiche sulla metro, rischiamo di lasciare a secco le implementazioni della rete stradale”.
Passante a nord ovest, nuova tangenziale e terza corsia gra sono state opere importanti per la mobilità, ma è proprio il concetto di “concorrenza” tra i due sistemi che è fuorviante secondo me.
Dal punto di vista della storia è interessante vedere i modelli di governance del processo progettuale e realizzativo.
Prima della guerra metodo “duce”, dopo ricostruzione e boom economico ed ecco la B nel 1955.
La linea A concessioni governative, appalti separati gestiti dal Ministero. Un calvario. Lavori trascinati per anni.
A un certo punto si accorsero che i treni non entravano nelle gallerie. Si costituì intermetro (consorzio tra le più grandi imprese italiane) apposta per risolvere il problema. E la A arrivò nel 1980.
Poi il periodo intermetro, concessioni di sola costruzione affidate a trattativa privata. Sistema stroncato da tangentopoli. In 25 anni circa ha prodotto i prolungamenti della B e della A, oltre ad una importante ristrutturazione della parte vecchia della B.
Poi alcuni politici illuminati capirono che bisognava tenere in mano le redini del progetto prima e della realizzazione poi, STA prima e Roma Metropolitane poi. Guarda caso il periodo più prolifico come avete sottolineato voi. Sistema negli ultimi anni “bombardato” da più fronti. Non è da escudere che a qualche centro di malaffare non piaccia questa gestione pubblica del processo. Tanti errori certo ma anche risultati. I politici non ci caschino e non buttino via il bambino con l’acqua sporca.
Attendo con interesse le prossime parti dell’articolo.
L’ottimo articolo spiega anche perché i progetti di riqualificazione del patrimonio pubblico incontrano così tanta difficoltà e scarso interesse: piazza Verdi, ex Dogana, Guido Reni e via dicendo sono tutti posti lontani da fermate Metro o ferroviarie, come sono lontani da fermate i complessi di uffici della Colombo, di piazzale Caravaggio, della Salaria molti dei quali sfitti… tutto questo spiega la scarsa appetibilità per grandi investimenti di gruppi interessati a localizzare una sede o uffici a Roma (nel mondo moderno, non è conveniente avere in sede lontana da trasporti rapidi di massa, a Roma non lo abbiamo capito ed ecco perché le grandi aziende non investono qui…)
Compimenti, in poche righe avete reso bene gli aspetti di base del disastro urbanistico, sociale ed economico che è stato fatto: saturazione della mobilità privata, insufficiente sviluppo della mobilità su ferro, mancanza di offerta di trasporto al centro, miope visione del decentramento dei servizi che, per non costruire pochi chilometri di Metro sotto l’area centrale, ha generato l’abisso senza fondo del centro svuotato da cittadini e funzioni urbane in vantaggio di quelle turistiche.
Avete fatto bene a sottolineare come la visione sbagliata abbia originato le scelte sbagliate: anche oggi, che si sta riscrivrendo il programma del trasporto, si dovrebbe avere una visione di città, che invece manca come si vede dalle soluzioni miopi adottate con funivie e sistemi deboli su direttrici che sarebbero invece degne di rotaie tranviarie e Metropolitane.
Comunque guardando il problema dalla radice e considerando la centralità dei grandi assi viari costruiti a Roma (quelli si moderni al pari di quanto costruito in altre città), si capisce che si dovrebbe investire ora e massicciamente su interventi strutturali che dinamo risultati rapidi e permettano di invertire la rotta (spostare trasporto privato su trasporto pubblico):
1) valorizzare le Metro esistenti (prolungamenti A e B, completamento C, chiusura maglia D)
2) valorizzare le ferrovie esistenti, con servizi adeguati anche di livello Metro, più stazioni e penetrazioni urbane (Piramide-Flaminio su tutte, ma ne esistono altre come Monte Antenne-Ojetti, Termini-Campi Sportivi o San Pietro-Porta Maggiore che darebbero enormi risultati di potenziamento della rete)
3) realizzare tram e metrotram sui grandi viali centrali (Nazionale, Corso Vittorio, Terme Caracalla, Lungoteveri, Castro Pretorio, Corso Italia, Muro Torto) e periferici (Cristoforo Colombo, Isacco Newton, Vigna Murata, Appia e Tuscolana, Monti Tiburtini, Tiburtina, Nomentana, Corso Francia, Gregorio VII, Leone XIII e Colli Portuensi, Tor Bella Monaca, Tor Vergata, Togliatti, viadotto dei Presidenti)
Il Pums, oltre a non prevedere interventi risolutivi sui punti 1 e 2 (manca Metrovia, mancano le estensioni di Metro ferrovie, etc), arriva solo parzialmente e tardi sul punto 3 (i tram previsti arrivano tardi, a spezzatino, non toccano molte arterie in cui si potrebbero realizzare sistemi risolutivi per i quartieri attraversati…). Anche se ci sarà un miglioramento nel Piano, il tempo perso è tanto (se le invarianti fossero state dieci tramvie sui grandi viali avremmo potuto avere risultati importanti già tra tre anni…)
sbaglio, o la foto riproduce un binario di servizio per l’accesso al deposito di Magliana dei treni della linea B dalla banchina lato direzione Laurentina?