Il prolungamento Linea B Rebibbia-Casal Monastero non si farà

L’avevamo detto ed alla fine è accaduto. La scorsa settimana l’assessore ai trasporti Linda Meleo ha confermato le previsioni che avevamo pubblicato ormai 2 anni fa: “NIENTE CANTIERI E SI FINIRÀ IN TRIBUNALE”. La Rebibbia-Casal Monastero non si farà.

I lavori, che sarebbero dovuti finire a Giugno 2017, non sono mai iniziati e non inizieranno. L’assessore ha ammesso che la situazione non è in alcun modo recuperabile, provocando l’ira degli utenti e dei comitati di quartiere. Ma le ragioni di questo blocco risiedono, purtroppo, in una formula di appalto intrinsecamente sbagliata selezionata all’epoca dell’affidamento dalla giunta Alemanno (Che le cose sarebbero finite male ci era chiaro sin dal 2012) e le cui conseguenze sono state acuite dall’immobilismo decisionale esasperante dell’amministrazione Raggi.

COME SI È ARRIVATI A QUESTO PUNTO?

Riportiamo, per spiegare la faccenda, quanto scritto da noi nel 2017. La “formula tutta romana di Project financing”, su cui era basato l’appalto, “ha scontato fin da subito l’incertezza su cui era fondata. Su un costo complessivo di 508 milioni, infatti, i soldi pubblici disponibili” erano ”appena 167 milioni. I restanti dovevano essere garantiti da fondi privati. 207 milioni dalla valorizzazione immobiliare di aree edificabili o perlopiù rese appositamente tali per un totale di 567.536 metri cubi; 133 milioni tramite un contributo corrisposto da Roma Capitale nei 2 anni di gestione dell’infrastruttura.”

quadro economico casal monastero

finanziamento casal monastero

La disponibilità di quattro aree proposte per la valorizzazione è venuta meno per una serie di vincoli su cui inizialmente si è voluto soprassedere; si tratta di Monti Tiburtini, S.M. del Soccorso, Rebibbia e Torraccia. Rimangono valide solamente quelle aree (ex SDO Pietralata, Tiburtino e Casal Monastero) le cui volumetrie e/o destinazioni d’uso sono in sintonia con il PRG senza necessità di apposite varianti urbanistiche.

P.P. Tiburtino                 26 milioni
Monti Tiburtini               10,5 milioni
S. Maria del Soccorso  16 milioni
Rebibbia                       22,5 milioni
Torraccia                       28 milioni
Casal Monastero          37 milioni
SDO Pietralata             67 milioni

Mancano all’appello 77 milioni. Ma soprattutto è venuto meno il pilastro portante dei termini di gara: le valorizzazioni urbanistiche.”

Qualsiasi soluzione ipotizzata dal Comune di Roma implicava “la revisione del piano economico-finanziaro con cui le imprese si sono aggiudicate l’appalto. Cosa da un lato passibile di richieste risarcitorie e dall’altro per nulla scontata nella sua condivisione da parte dei privati”, come infatti accaduto.
“La giunta Marino tentò” infatti “diverse soluzioni.

  • L’aumento del contributo in conto impianti a carico del Comune con un incremento del numero delle rate da corrispondere
  • L’ipotesi di realizzare un primo lotto funzionale fino a San Basilio con i soldi cash disponibili e rimandare a una fase successiva un secondo lotto privo di finanziamento
  • La copertura totale con finanziamento appositamente richiesto al Ministero.

Ma “Il costruttore ha sempre risposto picche, non rendendosi disponibile a rivedere la proposta finanziaria. Anzi, di tutta risposta è stata paventata una richiesta di risarcimento danni da 100 milioni per inadempienza contrattuale.”

Una richiesta che infine è salita, nell’estate 2018, alla cifra di circa 360 milioni di euro. L’estate scorsa, infatti, il costruttore ha citato in giudizio il Comune portando definitivamente la questione nelle mani di un giudice.  “A malincuore non possiamo che riconoscere una posizione di vantaggio delle imprese nei confronti di una colpa chiara dell’amministrazione nel garantire le modalità di finanziamento dell’opera. Oltretutto cambiare i termini contrattuali e le regole a base di gara provoca un esposizione rilevante” anche “nei confronti del secondo classificato. Oltre al danno anche la beffa con il rischio di impelagarsi in intrecci giudiziari di indeterminabile lunghezza.” Un intreccio che ormai è certezza.

Proponemmo a questo punto, come unica soluzione possibile, la coraggiosa scelta di recedere il contratto in danno. Un’ipotesi considerata da noi paradossalmente più economica e rapida di qualsiasi contenzioso a contratto in vigore. Una scelta che però l’Amministrazione ha preferito non prendere, rispondendo con la solita inerzia. Così facendo il prolungamento Rebibbia – Casal Monastero è diventato una chimera.

CONCLUSIONI

Cosa possiamo imparare da questa faccenda?

  1. La formula del Project Financing (tanto più la sua forma distorta in salsa romana) si è rivelata del tutto fallimentare per le metropolitane. Ogni singolo progetto immaginato in quel modo si è inesorabilmente arenato: la linea D, la B1 Jonio-Bufalotta, la Battistini-Torrevecchia ed infine la Rebibbia-Casal Monastero. Lo stesso Project Financing per la Roma-Lido si conferma un modello di finanziamento mediocre, che ha avuto il solo contributo di mettere in difficoltà una Regione già visibilmente confusa.
  2. Bisogna avere il coraggio di interrompere, prima che esplodano, procedimenti amministrativi nati male e cresciuti peggio, che rischiano solo di complicare inutilmente lo sviluppo della rete metropolitana di Roma.
  3. Le “invariati” del PUMS non sono assolutamente invarianti. La Rebibbia-Casal Monastero, unico prolungamento di metropolitana inserito tra i punti fermi (le tratte T2 e la T3 della Metro C non sono prolungamenti ma “completamenti”, ricordatelo sempre) è inesorabilmente saltato. Questo dimostra una certa superficialità nell’inserire le invariati del PUMS ed in generale un limite all’attendibilità dello scenario di riferimento del Piano, un problema di cui va tenuto conto.