Mobilitiamo Roma. ma come?

Ultimamente sta facendo molto discutere la proposta dei Radicali di indire un referendum che proponga la messa a bando del servizio di trasporto collettivo romano. Il principio basilare di questa iniziativa è sintetizzato nello slogan “il bene comune non è l’ATAC, ma il servizio offerto ai cittadini”: Secondo i Radicali, l’inefficienza del trasporto pubblico è da imputarsi principalmente alla cattiva gestione amministrativa di ATAC che dall’alto della sua posizione monopolistica non sente la necessità di farsi efficiente. Per questo, questi ultimi, propongono di mettere a bando il servizio costringendo l’ATAC a dover rispondere ad una concorrenza privata attraverso una liberalizzazione.

Ma è veramente questa posizione monopolistica la causa dell’inefficienza di ATAC?
Siamo realmente sicuri che un altro gestore farebbe tanto meglio di ATAC?

Per capirlo partiamo da alcuni dati estremamente significativi pubblicati dagli stessi radicali:

radicali mobilitiamo romaNotate nulla di strano in questi dati? Noi sì, perché è qui che emerge il vero grande problema che affligge il trasporto pubblico romano, che non ha nulla a che vedere con l’amministrazione più o meno capace dell’azienda che gestisce il servizio, nel nostro caso ATAC.
Si guardi anzitutto la tabella 1: come risulta, il TPL romano trasporta circa 1258,1 milioni di passeggeri contro i 611,5 di ATM, l’azienda del trasporto pubblico di Milano. Inoltre, Roma trasporta questi passeggeri percorrendo 10.268.612km, ben più di Milano che ne percorre 7.776.445 km. A questo punto vi verrebbe naturale pensare che avendo il doppio di passeggeri Roma dovrebbe guadagnare molto di più di Milano, ma è con le figure 4 e 5 che emerge prepotentemente il problema: la stragrande maggioranza dell’offerta romana è composta da autobus mentre a Milano gli autobus a mala pena offrono un quinto del servizio complessivo. In parole povere, mentre a Milano il TPL viaggia su ferro, a Roma il TPL viaggia su gomma ed è questo il vero motivo per cui Roma non regge il confronto con Milano.

Il vero problema di Roma, quindi, non è il gestore del servizio, che pure ha le sue colpe, ma l’infrastruttura che il gestore è tenuto a utilizzare. Questa, per come è strutturata, non può che comportare un servizio inefficiente. Se vogliamo veramente interrogarci su come migliorare il servizio romano, allora, non dobbiamo guardare alle carenze del gestore ma prima di tutto alle carenze dell’infrastruttura romana, a partire dalle metropolitane. Fintanto che domande di trasporto superiori ai 10.000 passeggeri l’ora continueranno ad essere operate con i bus e addirittura per domande superiori ai 20.000 passeggeri l’ora non si prenderà neanche in considerazione l’idea di costruire una linea metropolitana, il servizio romano non sarà mai efficiente e con esso il gestore del servizio, ed anzi, la logica della “riduzione dei costi operativi” auspicata dai Radicali, in questo scenario, quindi a parità di infrastruttura, rischia ulteriormente di peggiorare la qualità del servizio.

In primis quindi, se veramente vogliamo migliorare il TPL di questa città, non solo dobbiamo completare le metropolitane previste ma dobbiamo iniziare a progettarne di nuove, e di concerto con esse dovremmo costruire nuove linee tranviarie ed aumentare la velocità commerciale degli autobus, solo così risolveremo il problema. Qualsiasi altra “soluzione” non intaccherebbe la radice del problema, ma ne mitigherebbe solamente alcuni effetti.

Direttamente connesso al problema infrastrutturale vi è il problema urbanistico di Roma, legato principalmente alla densità abitativa, pari ad appena 2 232,16 ab./km², contro una densità abitativa di Milano di 7 533,38 ab./km². Questo dato è molto importante perché ad esso si associa un dato trasportistico, quello della “densità di mobilità”. Infatti, più la domanda è concentrata lungo determinate direttrici minore è il costo complessivo per servirla, ed ovviamente più una città è densa più tende a concentrare questa domanda. È indispensabile quindi abbandonare la reticenza che Roma oppone allo sviluppo verticale attuando un’opera di densificazione delle aree limitrofe ai grandi collettori del TPL come possono essere l’area dei Monti Tiburtini, che con la stazione Tiburtina può essere il grande quartiere contemporaneo di Roma, oppure il Prenestino/Labicano tra Malatesta e Gardenie, sul quale insistono ben 3 stazioni della Metro C.

Per questo, continuare ad accusare il gestore del servizio, qualunque esso sia, è comodo ma per adesso è fuorviante perché i problemi più importanti e strutturali non andranno via con esso.

Comunque ATAC, che certo potrebbe fare di meglio (magari reintroducendo i livelli manutentivi e quindi la manutenzione preventiva o migliorativa, piuttosto che continuare con la manutenzione a guasto), ha una voce in capitolo limitata. Deve essere la politica a prendersi l’onere e l’onore di guidare una completa riprogettazione della città partendo da un nuovo piano regolatore generale poiché quello redatto nel 2008, pur comprendendo interventi importanti come metro C e D, era già insufficiente quando pubblicato e a distanza di 10 anni, attraversati da una lunghissima crisi economica, non fa che riconfermare le sue carenze.

Per il resto, la liberalizzazione del TPL romano potrebbe generare diversi risultati, a seconda di come verranno indette le gare e quindi di quello che sarà il modello di gestione proposto. Anche questa è una scelta politica, più o meno sensata a seconda dei principi presupposti, ma l’importante è capire che non sarà il cambio di gestore e tantomeno la rottura del monopolio a risolvere il problema trasportistico ed urbanistico di Roma, solo investimenti in infrastrutture efficienti ed un urbanistica ragionata possono farlo, tutto il resto sono accidenti, e tali rimarranno.