Linea C il “modello MetroXRoma” per arrivare a Ottaviano. Come gli ascensori salveranno le stazioni del centro storico
Guardando alle nuove linee di metropolitana di Barcellona, la L9 e L10, abbiamo trovato ispirazione per il modello costruttivo della tratta T2 (Fori Imperiali – Ottaviano) che potrebbe sbrogliare la matassa di vincoli e prescrizioni che hanno affondato la sostenibilità e utilità della tratta. Le difficoltà di realizzazione di un tracciato che sottopassa Corso Vittorio Emanuele sono ben note e rappresentate da un unicum nel suo genere per motivi geologici, archeologici e di interferenza con le preesistenze storico-monumentali. Oggi siamo arrivati alla scelta del diavolo: o la linea si ferma a Fori Imperiali oppure prosegue come un immenso tunnel senza stazioni. L’utilizzo innovativo di batterie di ascensori a grande capacità e velocità per collegare atrio e banchine permetterebbe la riduzione considerevole delle volumetrie a beneficio dell’impatto superficiale dei cantieri e della netta riduzione delle opere di scavo in sotterraneo.
Scale mobili…. no grazie!
In base alla nostra analisi, che segue nell’articolo, la limitazione fondamentale dei metodi costruttivi finora studiati, è stato l’utilizzo della scala mobile come sistema di traslazione tra banchina e superficie.
I vincoli imperativi di questo tracciato, infatti, possono essere così riassunti:
- massimo contenimento degli scavi a cielo aperto per minimizzare l’impatto archeologico
- predilezione, nei limiti del possibile, degli scavi sotterranei meccanizzati (TBM – Tunnel Boring Machine) rispetto a quelli tradizionali più onerosi e complessi nel controllo dei cedimenti.
- tracciato profondo per contenere l’interferenza tra le gallerie di linea e le preesistenze storico-monumentali.
L’utilizzo della scala mobile, soprattutto alle elevate profondità, condiziona le scelte costruttive rendendo necessari ampi pozzi scavati a cielo aperto (in conflitto con il vincolo 1) oppure lunghe gallerie scavate in sotterraneo con metodo tradizionale (in conlitto con il vincolo 2). E’ pure evidente che la scala mobile limita la possibilità di approfondire il tracciato (vincolo 3); da una certo punto in poi il susseguirsi di rampe e la lunghezza complessiva del percorso minano la percezione di accessibilità della stazione rischiando di rendere meno appetibile il sistema di trasporto stesso.
A ben vedere l’utilizzo dell’ascensore, in sostituzione della scala mobile, permette di conciliare tutte e tre le esigenze; potrebbe essere l’unico grimaldello che permetta di contenere i costi e i tempi di realizzazione e cancellare definitivamente le patetiche diatribe sulla realizzazione delle stazioni in centro storico.
La beffa del Modello Roma
In molti si ricorderanno la soluzione proposta nel progetto preliminare, per ovviare alle tre criticità sopra esposte, nota come Modello Roma. Prevedeva l’utilizzo di gallerie di linea a sezione allargata (10.10 metri invece che 6.7 metri) che permettevano anche di contenere le banchine in prossimità delle stazioni senza la necessità di scavi di allargo tradizionali. L’impatto superficiale era ridotto al minimo con spazi dedicati solo ai pozzi profondi contenenti impianti tecnologici e di ventilazione e alle uscite esterne. Gli impianti mobili e fissi di risalita erano ospitati in gallerie scavate in tradizionale che si diramavano come grandi bracci verso le uscite esterne.
SI trattava però di una soluzione a delle generiche consapevolezze; il Modello Roma non era altro che una idea, una bella idea, sicuramente encomiabile sotto l’aspetto divulgativo, ma totalmente priva dei fondamenti di fattibilità. Questo perchè nessuno aveva i riferimenti specifici per valutare l’impatto di tale modello nè tantomeno per definirne in maniera plausibile tempi e costi.
Tutte le tematiche sono state approfondite solo durante le fasi successive. Era previsto proprio nell’appalto che si costituisse un Comitato Tecnico-Scientifico (CTS) dedicato.
Ciò che è emerso in diversi anni di lavoro sono dei paletti molto rigidi che hanno sconvolto l’impostazione generale del Modello Roma:
- cedimenti tollerabili sugli edifici storici solo dello stesso ordine di grandezza dei fenomeni naturali stagionali (variazione temperatura e livelli di falda). Un edificio storico , per il solo fatto di essere tale, viene di fatto paragonato, nell’analisi di vulnerabilità, a una struttura con severe lesioni pre-esistenti e quindi con una risposta pessima al cedimento indotto.
- il rischio archeologico non è eliminabile a priori al 100%. Lo scavo deve necessariamente anche proseguire durante la realizzazione delle opere di stazione con costi, tempi e logistiche rilevanti.
Una linea senza stazioni
La necessità di adottare complesse e onerose tecnologie per realizzare i consolidamenti necessari e l’intervenuta negazione ad utilizzare molte delle aree individuate come uscite (Largo Argentina- Via Sora – Piazza Sforza Cesarini – Piazza Paoli) rese praticamente insostenibile ipotizzare le stazioni come punto di snodo di lunghe gallerie di risalita. Da qui la necessità di ubicarle in contesti più ampi tali da accogliere in un unico pozzo discenderie e uscite oltre agli impianti.
Dall’altro lato l’utilizzo delle TBM di grande diametro alle profondità di progetto, alla luce dei vincoli definiti, appariva molto rischioso, esponendo potenzialmente tutti i palazzi di corso vittorio a necessità di interventi di consolidamento e presidio con costi e tempistiche poco definibili.
Queste considerazioni hanno mandato in frantumi l’impostazione del Modello Roma in favore della tradizionale realizzazione di enormi scatolari volti a contenere le banchine per intero e gallerie di linea di piccolo diametro.
Laddove non è possibile, il ritorno allo scavo in allargo delle gallerie di banchina ha comportato l’adozione di tecniche onerose ed innovative come il congelamento dei terreni e il compensation grouting che fanno schizzare alle stelle il costo della linea.
E’ inutile negarlo: l’abbandono dei principi basilari del Modello Roma ha comportato come unica soluzione quella di ridurre al minimo, se non di eliminare del tutto, le stazioni del centro storico, divenute così impattanti sul contesto.
Il ‘modello MetroXRoma’
In questo contesto aggiornato ci rendiamo conto delle limitazioni del Modello Roma sotto alcuni aspetti ma della valenza ancora forte dei suoi principi fondamentali: scavi sotterranei principalmente o totalmente meccanizzati e riduzione al minimo dell’impatto in superficie. Dall’altro lato non possiamo negare l’insostenibilità e poca funzionalità del metodo tradizionale.
Per contrastare tutte le problematiche finora elencate il nostro modello si basa su tre aspetti fondamentali:
- reintroduzione delle gallerie di grande diametro
- utilizzo di ascensori
- approfondimento tracciato
1. Le gallerie di grande diametro ci sembrano irrinunciabili per i loro vantaggi in termini di flessibilità di ubicazione delle banchine lungo il tracciato e possibilità di contenere parte degli impianti in prossimità di stazioni e pozzi di ventilazione riducendone gli impatti in superficie.
2. L’utilizzo degli ascensori permette di prevedere pozzi di stazione di grandezza contenuta, nell’ordine dei 25-30 metri di diametro che contengono tutti gli impianti necessari. Un buon compromesso tra la necessità funzionale di concentrare tutto in un unico spazio e quella di contenere l’impatto in superficie. L’impronta del pozzo infatti, anche se maggiore di quella del Modello Roma sarebbe drasticamente minore (più della metà) degli scatolari del modello tradizionale.
3. Con la reintroduzione delle gallerie di grande diametro è indispensabile l’approfondimento del tracciato per renderlo compatibile con le necessità di tutela delle pre-esistenze. E’ evidente che per avere un dato definitivo andrebbero valutati in maniera specialistica i risentimenti in superficie alla luce dei cut-off individuati dal CTS (valori massimi di cedimento, distorsione angolare e deformazione di trazione). In via cautelativa ci riserviamo di ipotizzare un tracciato più profondo di circa il 50% (55 metri in media contro gli attuali 35); empiricamente quei parametri variano in maniera proporzionale alla superficie netta dello scavo con TBM, che, nel passaggio dal piccolo diametro (6,7 m) al grande (10,1 m), è appunto prossima al 50%.
Un approccio differente
l’ascensore, con la possibilità di effettuare spostamenti veloci (anche oltre i 2 m/s contro i 0,5 o 1 m/s delle scale mobili) su un tragitto geometricamente più corto taglia i tempi di collegamento superficie – banchina permettendo di ammortizzare in maniera ottimale il necessario approfondimento del tracciato.
Il modello costruttivo da noi proposto, per le sue caratteristiche, potrebbe potenzialmente salvare tutte le stazioni del centro storico previste nel progetto preliminare. In linea di massima si può tornare a ragionare su Argentina, non essendo più necessario un ampio spazio dove localizzare uno scatolare. Sicuramente si può rivalutare la localizzazione del pozzo in Piazza Sant’Andrea della Valle, ipotizzando anche la valorizzazione dei reperti archeologici prima impensabile per una questione di spazio e di destinazione funzionale degli volumi.
Oppure si pensi alla stazione San Pietro che potrebbe tornare ad avere accessi su entrambe le sponde del Tevere come da indirizzo originario.
“Occorre, quindi, prevedere un approccio concettuale differente per la progettazione che non si sottragga al confronto diretto con le precedenti e più importanti “valenze” della città al fine di non trasformarle in vincoli insuperabili del progetto.”
Questo recitava uno dei documenti del progetto preliminare del 2002 e questo oggi, più che mai, è ancora valido ed ha ispirato la nostra proposta. Speriamo che anche gli uffici competenti comincino a ragionare in questi termini!
Metro Napoli, linea 1, la fermata Rione Alto è servita tutta da ascensori a causa del ristretto spazio di superficie (e c’è una piccola rampa di scale di emergenza.
Fermata Toledo (quella bellissima) oltre alla uscita principale ha un a seconda uscita che si snoda direttamente dal piano sovrastante le banchine e porta ad un’altra zona del centro storico.
Quella del comitato mi sembra un’ottima idea e con basi tecniche solide
PS: nella manovrina varata da poco ci sono risorse aggiuntive per le metropolitane, ma bisogna chiederle ed avere progetti concreti
Allora perderemo anche questa occasione. Ancora una volta, Milano ringrazierà
Dubito che i Vigili del Fuoco in Italia approvino soluzioni con discenderie basate solo, o quasi esclusivamente, con impianti di ascensori.
Piuttosto, per eliminare le superfici di scavo a cielo aperto sono interessanti le soluzioni adottate in Russia dove le discenderie profonde sono realizzate mediante TBM inclinate.
Aprite i seguenti link che si riferiscono ad una nuova stazione recentemente realizzata a San Pietroburgo!
Commenti?
http://www.tunnel-online.info/download/396496/Schraegschachtvortrieb.pdf
https://www.tunneltalk.com/TunnelTech-Aug12-Herrenknecht-technology-tackles-St-Petersburg-declining-metro-escalator.php
13/05/2017
amba aradam-fori imperiali vedere su internet fotografica cantieri mese maggio 2017
Proponetelo alla Raggi, alla fine gli ascensori sono un po come funivie in verticale…
Premetto di non essere un tecnico, per cui queste mie ipotesi sono sicuramente “naive”.
In primo luogo, osservando con cura la mappa della zona, davvero non riesco a trovare lo spazio per un “buco” di 20-30 metri di diametro. Solo a Piazza Venezia e, al limite, a Sant’Andrea della Valle ci sarebbe, ma a condizione di cambiare drasticamente la zona.
Per cui, la mia (prima) ipotesi alternativa consiste nell’utilizzare i sotterranei e le fondamenta di un qualche grande edificio (a cominciare dall’Altare della Patria) per poter realizzare l’atrio e l’inizio del pozzo di discesa.
La seconda ipotesi che propongo è quella di “disperdere” i sistemi di risalita (in particolare gli ascensori, ma potenzialmente anche le scale) in una pluralità di punti: non un singolo “pozzo” di 20-30 metri di diametro, ma ad esempio, 6 pozzi, ciascuno di 6-8 metri, ciascuno con un singolo ascensore ad alta velocità e una scala di emergenza. I pozzi sarebbero quindi realizzati con ben minore impatto in superficie e se, durante lo scavo, si incontrassero reperti “invalicabili”, si procederebbe su punti alternativi. La banchina, ampia perché realizzata nelle gallerie “maxi”, sarebbe anche “lunga”, cioè proseguirebbe ben oltre la testa e la coda dei convogli, e permetterebbe di raggiungere (con eventuali connessioni laterali) i pozzi.
La terza ipotesi.. non è tale, perché già ampiamente discussa: realizzare una sola stazione (Piazza Venezia?) e un vero, moderno sistema di people-mover (tram, ma anche tapis-roulant, navette elettriche ecc.) in superficie.
Non dobbiamo vivere questa ipotesi come un fallimento, perché una rete di people-mover, oltre che “avvicinare” la gente alle stazioni metro, semplifica anche la mobilità di chi non è diretto lì. Insomma, se il fine ultimo è la drastica riduzione dei mezzi privati, un rete di people-mover e una sola stazione può essere alla fine più efficace di tre stazioni.
La tua seconda ipotesi, se capisco bene, altro non è che parte del “modello Roma”, già – ahinoi – scartato per le motivazioni espresse dal Comitato
Il problema degli ascensori rispetto le scale mobili e che in caso di malfunzionamento la scala mobili la sali a piedi, se si bloccano gli ascensori, a meno di non moltiplicarli e dotarli di sistemi di sicurezza, replicando l’impronta delle scale mobili, è che un malfunzionamento diventa un problema da previdenza sociale in quanto su non ci torni in nessun modo, se si fermano. Per non parlare di attentati. Per giunta salire in un ascensore chiuso nella roccia renderebbe claustrofobico anche uno speleologo!
Sono d’accordo, non la vedrei bene una stazione dotata solo di ascensori per accedervi e, soprattutto, per uscirne.
Fare solo una stazione lungo c.so Vittorio, magari individuando prima il punto migliore e meno problematico?
La butto lì, da ignorante e quindi con molta umiltà.
Nessun ascensore chiuso nella roccia, sarebbero nel pozzo di stazione, una roba larga 30m. La UNI 7744 ricorda che basta un ascensore in più, tenendo conto che la probabilità che si blocchino tutti è rarissima sono comunque ascensori molto particolari, certo non quelli di casa. Il video non è dei migliori ma è una cosa del genere: https://www.youtube.com/watch?v=2bkuDljPmXk
Mah, io vedo meglio niente stazioni tra Venezia e Castel sant’Angelo, e il tram (TVA, per chi se lo ricorda) su corso Vittorio.
Se davvero c.so Vittorio è così problematico per fare delle stazioni, io questa la vedo davvero come una buona soluzione.
Ma allora che la facciamo la metro in centro senza stazioni?
Il Comitato è da quando è uscito il piano presentato da Alemanno che si batte contro il “tubo” di 2 km in centro, dando tutte le argomentazioni e soluzioni possibili (e basta scorrere i post passati).
Tornare a questa come “buona soluzione” significa non aver colto nulla di tutto quello detto e scitto in questi anni contro questa che io reputo “spaventosa” soluzione.
Mi spiace che la reazione sia questa, sinceramente non capisco questo modo di fare tipico dei forum ultimamente.
In ogni caso, tornando all’argomento, mi sembra di essere stato chiaro: ho detto “se è così problematico”, è una valida alternativa, visto che la metro arriverebbe, da una parte, a piazza Venezia e, dall’altra sul Lungotevere (per capirci), quindi non la vedo così dura arrivare in qualsiasi punto lungo c.so Vittorio, costruendo anche una linea tram con tutti i crismi.
Sia chiaro, è auspicabile fare delle fermate lungo c.so Vittorio, io sono d’accordissimo, figuriamoci, un’altra alternativa potrebbe essere fare una sola fermata invece di due, individuando il punto meno problematico e più funzionale possibile.
Spero ci possa essere sempre un scambio di opinioni sereno e atto a trovare soluzioni e, se si hanno opinioni diverse, ben vengano ma non si può dire a una persona con opinioni diverse che non ha capito nulla o che non ha letto i post precedenti, ché questa vicenda della metro C (tutta la vicenda) la sto seguendo da anni, visto che la utilizzo quasi tutti i giorni, arrivando proprio dal capolinea M.Compatri-Pantano.
Forse rileggando quello che ho scritto, il tono sembra polemico, ma le intenzioni non erano quelle.
Purtoppo non si possono spendere milioni di euro per fare un opera di trasporto così importante che non aiuti i cittadini e i turisti a spostarsi al meglio all’interno della città. Sarebbe un’occasione persa e difficilmente da aggiustare quella di costruire una così grande opera senza la possibilità di avere stazioni nel Centro Storico.
Così come è studiata la stazione San Pietro è distante da San Pietro e poco utile ai ressidenti. Giusto Venezia sarebbe di grande valenza.
Il problema a mio avviso è questo, e questo intendevo dire: possibile che questa opera debba essere realizzata senza la sua funzione che ne ha portato alla realizzazione? Che serve farla passare in centro senza dare la possibilità a chi ci abita e chi ci deve andare di poterla prenderla se non servendosi di un altro mezzo di adduzione? Tutto qui.
Mi scuso di nuovo se sono sembrato troppo aggressivo, ma io credo che le problematiche possano essere superate con gli opportuni accorgimenti e se questi comportano una maggiore spesa o tempo, tutto ciò ne debba valere la pena perché poi ci troveremmo ad avere un’opera pubblica assurda.
Parlare che l’idea del tram sia una “buona soluzione” mi sembra un po’ rinunciare ad avere la metro in centro, cosa a cui dobbiamo puntare.
Una metro senza stazioni per 2 km in centro è fuori discussione, visto che non sarebbe neanche gratis. Meglio sarebbe a questo punto fermarsi a Venezia o valutare percorsi alternativi
Buona Sera Comitato ed un saluto a tutti i colettori.
Da circa un anno e 4 mesi seguo con molto interesse i vostri Articoli , gran parte dei commenti e, da non addetto ai lavori ( non sono né ingegnere e tantomeno un tecnico ) col tempo mi sto facendo una cultura ( si fa per dire ) .
Vorrei chiedervi, per aiutarmi a capire meglio ” quando parlate di prediligere ” gli scavi sotterranei meccanizzati di notevole profondità, un tracciato più profondo di circa il 50% (55 metri in media contro gli attuali 35) da realizzare tramite le TBM, per caso vi riferite a Stazioni profondissime tipo Cornelia MA realizzata ( presumo, vista la profondità’ ) totalmente al di sotto dello strato archeologico e con soli impianti di risalita ( ascensori come auspicate e/o anche scale mobili o di emergenza ) tra piano banchina ed accesso alla Metro dal piano stradale,
oppure alludete a Stazioni ” tipo Barberini o Repubblica con Piano Atrio pochi metri sub- superficie e Tunnel di Linea di notevole profondità.
Ciao Igor
allora per la precisione non facciamo riferimento a nessuno degli esempi che tu hai portato perchè a Roma effettivamente un modello costruttivo del genere non esiste e non è mai stato utilizzato prima. Il paragone più prossimo è proprio alle linee L9 e L10 di Barcellona. La stazione Cornelia, non sembra, ma è un enorme scatolare di 35×120 metri che tocca quasi i 40 metri metri di profondità; uno scavo totalmente a cielo aperto. L’impressione non è quello di una volumetria enorme, ma solamente relegata in profondità, perchè tutta la parte superiore dello scatolare è occupata da un parcheggio mai aperto al pubblico.
Per quanto riguarda Barberini o Repubblica non c’è quanto di più distante dal modello a cui noi alludiamo. Infatti queste stazioni come le altre centrali della Linea A (vedi anche Spagna e Flaminio) è vero che sono ‘fatte’ di scavi principalmente sotterranei, ma sono realizzati tutti in tradizionale in allargo dalle gallerie scavate con TBM.
In generale ci riferiamo a un metodo costruttivo che utilizzi il più possibile lo scavo con le talpe meccaniche, anche per contenere le banchine di stazione (da qui le gallerie grandi da 10,1 metri) perchè lo scavo con talpe a parità di volume permette un controllo molto accurato dei cedimenti, che sono minimi, rispetto agli scavi con mezzi tradizionali che oltre ad essere meno controllabili in termini di cedimenti, richiedono, per ridurli al minimo, tecnologie molto complesse ed onerose. Per le restanti volumetrie (impianti, locali tecnici e uscite) è necessario inevitabilmente usare scavi a cielo aperto, che attraversano lo strato archeologico. la soluzione degli ascensori permette di ridurre notevolmente la grandezza di questo tipo di scavo. Spero di essere stato chiaro e in caso non esitare a chiedere ulteriori delucidazioni 😉
Grazie per la risposta e , ( soprattutto per me desideroso di saperne di più in questo campo ) per il sunto, la spiegazione di carattere sì tecnico ma con linguaggio comprensibile che chiarisce perfettamente le idee sull’ utilizzo delle TBM come migliore tecnica costruttivo- realizzativa di tunnel ferroviario ad elevata profondità che consentirebbe di controllare, ridurre al minimo il possibile cedimento degli edifici o monumenti presenti in superficie.
Sempre a proposito di possibili cedimenti durante gli scavi di tunnel di carattere ferroviario- metropolitano circa 6 mesi fa un amico italiano che da 9 anni lavora a Berlino , per me che sto cercando d’ imparare il Tedesco mi consigliò video di You Tube ” Tunnelbohrungen Berlin U Bahn- Bau dove, nel parlare del Verlängerung U5 Prolungamento della Linea 5 della U Bahn e del Risiko e di quanto fosse gefährlich, pericoloso, ad un certo punto minuto 1.29 parlavano di Barcellona 2005 durante lavori di realizzazione della Metropolitana ed
accennano ad edifici crollati , come anche nel 2004 a Colonia quando avvenne il crollo di un Archivio di Stato in una piazza centrale della città.
Un Saluto
C’è da ricordare che i tunnel della linea 9 di Barcellona sono di dimensione maggiorata tali da poter contenere sia i binari per entrambi i sensi di marcia, sia le banchine. In questo modo il pozzo di uscita ha dimensioni minori perché può essere posto di lato all’unico tunnel scavato.
L’altra soluzione per avere pozzi di stazione più compatti è quella seguita per la costruzione della stazione Libia della metro B1: due tunnel sovrapposti e un pozzo compatto dove sono contenute scale mobili (certo, tante…) e gli ascensori.
Insomma, non ci arrocchiamo sullo scavo tradizionale con i due tunnel affiancati, come è avvenuto fino ad ora o sul metodo Roma che comporta due tunnel molto grandi di difficile realizzazione nel centro storico, ma pensiamo che possano esistere anche altre soluzioni che consentano di bucare il meno possibile per la costruzione delle stazioni. Poi saranno i tecnici che dovranno studiare la soluzione più adatta.
vero Daniele, ma noi abbiamo riflettuto anche in questi termini. Il tunnell unico come a Barcellona presenta delle controindicazioni specifiche nel contesto romano e ancora più specificamente sulla linea c. In primis aumentando la superficie unitaria di scavo (da 80mq a circa 130mq) aumenta anche il cedimento massimo indotto per cui il tracciato dovrebbe essere ancora più profondo di quanto già non lo sia adottando le due gallerie grandi. E bada bene che la profondità del tracciato ha un limite tecnico dovuto al punto di raccordo tra il sistema precedentemente utilizzato fino a Fori Imperiali e quello nuovo. In sostanza non c’è abbastanza ‘stoffa’ per approfondire il tracciato nelle poche centinai di metri che separano Fori Imperiali da Venezia. Inoltre sarebbe molto complessa la struttura di innesto per passare da due tunnel affiancati, come gli attuali, a uno unico che contiene le vie di corsa sovrapposte. Comunque non vediamo come la tipologia di tunnel possa influenzare la grandezza del pozzo.
Tunnel sovrapposti? il vantaggio sarebbe solo nell’occupare meno spazio in larghezza ma comunque lo scavo della stazione andrebbe eseguito interamente a cielo aperto e richiedendo spazi molto ampi, cosa palesemente insostenibile per il centro storico.
La nostra proposta ci sembra un buon compromesso tra specifiche tecniche di tracciato (profondità, e raccordo “vecchio-nuovo”) e limitazione dell’impatto (cedimenti e archeologia). ovviamente si tratta solo di un idea preliminare che va sicuramente approfondita sotto tutti gli aspetti ma apparentemente funziona bene.
Tutto giusto e condivisibile, volevo però dare altri spunti perché di possibilità costruttive ne esistono diverse per superare il blocco degli ultimi progetti focalizzati unicamente sullo scavo completo del pozzo di stazione come avvenuto per San Giovanni.
Per mettere altra “carne sul fuoco” vorrei ricordare che a Roma, si sono sperimentate diverse tecnologie costruttive e molto interessante è stata la soluzione utilizzata per la costruzione di Baldo degli Ubaldi con due piccoli pozzi alle estremità contenenti le sole discenderie, mentre la stazione è stata costruita tutta nel sottosuolo. Qui è spiegato molto bene:
http://www.pietrolunardi.it/articoli/MetropolitanadiRomaBaldodegliUbaldi.pdf
Io non sono un ingegnere per dire quale sia la soluzione migliore, ma sicuramente sono certo, così come anche da voi scritto più volte, che il problema non sia ingegneristico, ma solo di volontà politica.
Voglio solo concludere dicendo che spero che si riesca a ripristinare anche la stazione Risorgimento perché la reputo importantissima come porta per San Pietro e per i Musei Vaticani (che magari potrebbero essere interessati a finanziare un accesso con un tunnel direttamente dalla “stazione museo”) e porta di accesso all’importantissima via Cola di Rienzo. L’attuale Stazione San Pietro è lontana (oltre 500 metri dalla Basilica), tanto che per me dovrebbe chiamarsi “Castel Sant’Angelo”. La stazione Ottavano sotto via Barletta ha senso come importantissimo nodo di scambio, ma non accresce di nulla la capillarità della rete romana e quindi San Pietro verrebbe servito non tanto diversamente da ora dalla metropolitana (“maps” si calcola 650 metri di distanza tra San Pietro e Ottaviano). Diverso sarebbe il caso della stazione costruita sotto via Ottaviano, ma non credo che nessuno si voglia opporre ai commercianti della strada. Sicuramente rappresenterebbe un buon compromesso.
Il pdf su Baldo degli Ubaldi è molto interessante e dimostra che se si vuole si possono trovare soluzioni ingegneristiche. Se poi le stesse qui adottate possono essere utili per le stazioni in centro lo devono dire gli ingegneri.
L’unica cosa che non va è la presenza dei due pozzi di accesso di 200 mq di sezione. E’ evidente che scavi del genere annullerebbero parte dei vantaggi di una stazione costruita tutta sotto, tanto più in punti critici dove pochi metri quadri possono diventare un problema.
Mi piace molto l’idea. Si vede che è stata proposta da gente competente. Già immagino la scala a chiocciola per le emergenze tutta intorno agli ascensori come succede in alcune stazioni di Londra.
Volendo fare l’avvocato del diavolo vedo due sole preoccupazioni:
1. una situazione del genere sarebbe a norma in Italia? Non ne ho idea e per questo chiedo a voi. Ma il fatto che a momenti non si riesca a fare una stazione unica a San Giovanni mi fa preoccupare.
2. A Roma quando non ci sono gli addetti di stazione (praticamente quasi mai in alcune stazioni) o in caso di sciopero ascensori e scale mobili sono fermi. Questo porterebbe sicuramente a chiudere queste stazioni…
Ci sono vecchie stazioni a Londra che non sarebbero a norma in Italia in nessun modo. Basta pensare che la maggior parte delle stazioni della zona 1 (in pratica il cuore di Londra) e della zona 2 non sono accessibili ai disabili. Sono stazioni vecchie costruite con i criteri di allora, le più moderne naturalmente hanno tutte ascensori, scale e rampe.
Il regolamento anticendio per le stazioni delle Metro non si oppone ad una cosa del genere a patto che vi siano almeno due percorsi di sicurezza non meccanizzati distinti (le normali scale anticendio che nelle stazioni di Barcellona sono state ottenute con una rampa a doppia elica) mentre le norme della INU7744 contemplano l’esistenza di un sistema di ascensori come unico sistema di traslazione dei passeggeri.
Grazie Riccardo per le delucidazioni.
E’ vero, ma sono stazioni costruite mooolti anni fa ed oggi non le costruiscono più così neanche a Londra. Pensa a anche a tutte quelle stazioni costruite in curva dove si creano delle voraggini tra treno e banchina (Mind the gap) ed occorre un capostazione che segnala con una paletta al conducente che può chiudere e partire. (Quest’ultima la stanno eliminando con telecamere e monitor messi esattamente dove ferma il treno)
Le stazioni in curva mi hanno sempre incuriosito. Nel senso che mi domando perché in curva. Sono appassionato di treni e ho visto su youtube un sacco di stazioni giapponesi, metro e superficie, in curva. E’ vero anche che loro hanno sempre un capotreno/macchinista in coda al treno che provvede con le segnalazioni al conducente, o addirittura apre e chiude lui le porte.
Probabilmente a Londra le han fatte così per motivi di spazio oppure boh.
Certo che essendo il treno rigido, si creano dei grossi spazi in corrispondenza delle porte (non tutte) ed il macchinista non vede la coda del treno.
Ma delle rampe di scale di emergenza le vogliamo fare, o se si guastano gli ascensori si rimane tutti 60mt sotto terra?
🙂
Ciao Alexalex !!
Totalmente d’ accordo con Te !!
Certo ma la probabilità che tutti gli ascensori contemporaneamente si guastino è bassissima. Di fatto, comunque, le scale si otterrebbero con una geometria ad elica, possibilmente doppia per garantire due vie di fuga, da porre a ridosso dei bordi del pozzo.
“la probabilità che tutti gli ascensori contemporaneamente si guastino è bassissima”
Vedi la stazione Libia. 😀
Da ingegnere bisogna sempre valutare il caso peggiore, oltre che quello medio e quello migliore. Ricordiamoci la notte bianca del 2003
E’ chiaro che le rampe di scale fisse sarebbero comunque presenti. Assolutamente corretta la notazione di Riccardo Pagano che ha citato le due norme cardine sotto questo aspetto.
Bisogna anche dire che la linea 9 di Barcellona utilizza un unico tunnel di quasi 12 metri di diametro dove passano i due binari uno sopra e l’altro sotto.
Anche questa ipotesi costruttiva puo’ essere presa in considerazione per la riduzione dello spazio dei pozzi di stazione.
Anche senza andare a Barcellona, basta studiare il progetto seguito per la linea B1. Con i due tunnel sovrapposti il pozzo di stazione di Libia è molto più ridotto di quelli delle altre stazioni romane. Anche questa possibilità potrebbe essere studiata ed approfondita.
Anche la tratta centrale della M3 di Milano (Anno Domini 1990) è fatta così e lo sarà anche la tratta centrale della M4.
Ottima idea ma aggiungerei una postilla, gli ascensori dovrebbero essere posti su due livelli, uno al piano strada dove si possa solo accedere e l’altro sotto la sede stradale dove si esce. Non bisogna fare incrociare quelli che entrano con quelli che escono
Comunque vorrei segnalare che nelle stazioni della L9/L10 ci sono ANCHE le scale mobili (5-6 rampe, anche di più, dipende dalla profondità della stazione) e che questo sistema è stato criticatissimo a BCN perché è stato una delle principali cause degli extra costi e dei ritardi nella costruzione della linea (ebbene sì, succede anche fuori dall’Italia)… che tuttora, dopo svariati anni, è formata da due tronconi separati alle due estremità della città e non si sa se e quando si riuscirà a completare l’arco centrale.
Non in tutte le stazioni, ad esempio Llefià ha solo ascensori.
Scusa Claudio K. ma i ritardi della costruzione non sono stati davvero dovuti alla presenza degli ascensori. Le scale mobili è vero ci sono comunque ma solo per quanto riguarda il tratto atrio-superficie. Le stazioni che hanno più rampe come dici tu non hanno un sistema di traslazione basato sugli ascensori e viceversa.
Ovviamente non dalla presenza degli ascensori, ma dalla metodologia di scavo profondo che è quella a cui avete fatto riferimento (e alla quale si deve la necessità di numerosi ascensori veloci e profondi). Spero che così sia più chiaro.
Un saluto a tutti e complimenti per questo forum, davvero molto interessante, importante e coinvolgente.
Non sono molto d’accordo con l’uso dei soli ascensori, soprattutto per il fatto che, se dovesse avvenire un guasto, le scale mobili almeno si “trasformano” in scale tradizionali, mentre gli ascensori c’è il rischio che si trasformino in gabbie, e chissà per quanto tempo, magari provocando anche la chiusura di un’intera stazione.
Ovviamente l’idea sarebbe buona e sicuramente toglierebbe tanti impedimenti che ad oggi sembrano insormontabili ma, ad esempio, non si potrebbe ridurre le stazioni su c.so Vittorio ad una sola e fornirla di sottopassaggi con tapirulan che conducano ai vari punti d’interesse?
Ovviamente, effettuando uno studio approfondito prima, si dovrebbe individuare il punto migliore, sotto tutti i punti di vista, e si potrebbe pensare di costruire la stazione tra Argentina e Chiesa Nuova e diramare da essa tutta una rete di sottopassaggi pedonali con tapirulan, che ne pensate?
Non è possibile pensare di bloccare un’infrastruttura importante come questa, solo perché non si riescono a trovare soluzioni su c.so Vittorio.
La città ha un disperato bisogno di mezzi pubblici funzionanti, soprattutto metropolitane, ci si deve muovere ed in fretta, non è più sopportabile essere sempre il fanalino di coda in tutto, una città come Roma davvero meriterebbe la massima attenzione da parte di tutti.
Intanto altri disservizi per questa via crucis che sta diventando l’apertura di San Giovanni sembrano confermati i prossimi sei mesi di passione con la metro chiusa dalle 20.30 in poi. Un autentico calvario che sembra non finire più.
Forse non ce ne siamo accorti, ma lo stesso è accaduto per la tratta Parco di Centocelle – Lodi, la linea chiudeva normalmente alle 18, 30. La chiusura anticipata, serve ad evitare intere giornate di chiusura dell’intera linea.
I collaudi purtroppo richiedono tempo e coinvolgono tutta una serie di enti.
Va tutto bene ma almeno finissero i lavori a Largo Brindisi e Via Taranto non ne possiamo più, abbiamo superato i 10 anni di cantieri. Dopo l’accelerazione per il 31 marzo si sono addormentati!
Mi piace che finalmente si cominci a ragionare sulla realtà romana e sul fatto che i metodi adottati fino ad ora erano i più sbagliati, però…
“pozzi di stazione di grandezza contenuta, nell’ordine dei 25-30 metri”
Ma dove lo vedere il posto ad esempio a Largo Argentina per un pozzo di 25-30 metri? Guardate che lo scavo procederebbe come a S. Giovanni, anni e anni, sempre che alla fine non decidano di bloccare il progetto se troveranno roba troppo importante.
Secondo me invece di pensare a modelli unici validi per tutto il percorso del centro si dovrebbe valutare caso per caso per ogni stazione nelle zone più critiche. Fermo restando che meno si tocca lo strato archeologico meglio è . Quindi se ne avete la possibilità sarebbe il caso di studiare le zone interessate, con le conoscenze archeologiche attuali, per capire cosa si sa esserci sotto e cosa ci potrebbe essere in modo che all’ennesimo ritrovamento non caschino tutti dalle nuvole.
Personalmente insisto sulle scale mobili che colleghino il livello stradale all’atrio posto SOTTO lo strato archeologico. Un paio di scale bicherebbero meno lo strato rispetto a una batteria di ascensori, senza considerare che bisogna sempre fare i conti con la realtà romana per cui gli ascensori saranno soggetti a guasti e manutenzioni ritardate ecc.
Comunque degli ascensori che arrivano in superficie li dovrai comunque mettere. Come delle scale fisse da usare comunque anche in caso di emergenza.
Le scale fisse sarebbero parallele a quelle mobili come accade oggi, non portano via molto volume mentre un paio di ascensori di sicurezza con pozzi singoli nei punti più adatti non impattano certo come una batteria di ascensori in un pozzo di 30 metri di diametro.
Per me ci possono mettere qualsiasi cosa per collegare la strada alla stazione, basta che le perforazioni dello strato archeologico siano limitate al massimo perché sono quelle che fanno accumulare ritardi che possono essere di anni.
Guarda Emanuele il tuo modello è esattamente quello che faceva il Modello Roma. il problema è che arrivare dalla superficie a sotto lo strato archeologico (circa 20 metri di dislivello) devi passarci dentro allo strato archeologico. E passarci con uno scavo sotterraneo vuol dire distruggere qualsiasi cosa c’è senza possibilità di indagarla prima. E questo è uno, forse il fondamentale, vincolo posto dalla soprintendenza: non si possono scavare volumi archeologici che prima non siano stati indagati con modalità di scavo appunto archeologiche. E’ così e ci dobbiamo fare i conti. Questo è il motivo principale per cui grandi discenderie sotterranee non si possono fare.
Riguardo i pozzi lo spazio c’è. Spazi come Piazza Sant’Andrea della Valle, piazza San Pantaleo, piazza venezia, Piazza della Chiesa Nuova lo possono ospitare benissimo.
Ma io non dico che non va indagato. Dico che se si buca solo per le discenderie si dovrà indagare solo quel volume, che è una frazione minina rispetto a una intera stazione e se ci sono problemi insuperabili in un punto è più facile spostarsi in un altro.
In quanto al pozzo da 30 metri, lo so anch’io che la superfice di certe piazze lo permetterebbe (ma non vedo come a Largo Argentina). Ma quello che c’è sotto? A Piazza Venezia, che è molto grande, hanno faticato a trovare il posto per la stazione. Se abbiamo spazio libero in superficie in piazze molto più piccole e poi sotto c’è di tutto addio pozzo. Non vi fate illusioni sul fatto che siccome a S. Giovanni alla fine la stazione c’è sarebbe così anche in pieno centro perché si “rischiano” ritrovamenti molto più importanti che bloccherebbero tutto, altro che stazioni-museo.
ma sinceramente, seondo voi, questa tratta ha possibilità di essere fatta?
Salve comitato. Mi chiedevo, tutte queste (belle e funzionali) proposte, su cui evidentemente lavorate molto, all’atto pratico rimangono solo uno sfogo per “pochi eletti” qua sul blog o vengono in qualche modo rese note/presentate/pubblicate in modo tale che chi di dovere le noti? Perché il mio timore è che nessuno di influente poi vada a leggersi il blog, né tantomeno sappia della sua esistenza, quindi appunto in definitiva mi chiedevo il rapporto che questo blog ha con le istituzioni cittadine e se proposte del genere vengono effettivamente fatte conoscere a qualcuno che possa seriamente considerarle come ipotesi progettuali reali, da prendere in considerazione. Grazie per l’attenzione e complimenti per l’ottimo lavoro che portate avanti!
Cla è nostra intenzione e sarà nostro impegno sottoporre questa proposta a tutti gli uffici competenti. Così magari potremo avere anche pareri più tecnici sulla fattibilità e reale convenienza. Il nostro obiettivo è che si mantenga alta l’attenzione sulla tratta T2 e la si mantenga con un certo livello di ragionevolezza. Questo passa inevitabilmente per il confronto con gli attori tecnici e istituzionali.