Ora basta: rescindere il contratto a Metro C spa e nuova gara per una T2 con Chiesa Nuova e Argentina

Cinque anni di ritardi per arrivare a San Giovanni e poco meno di un miliardo di sovraccosto sulla tratta attualmente in costruzione che di fatto è stato sottratto al suo legittimo indirizzo, ovvero finanziare la tratta T2, oggi rimasta senza soldi. E poi accuse di corruzione e di sprechi, con i fari accesi dall’Autorità nazionale anti corruzione e dalla Corte dei Conti. Sono questi i motivi che portano ufficialmente il Comitato MetroxRoma a chiedere, per la prima volta dopo anni, la rescissione del contratto con il consorzio Metro C spa, il gruppo di imprese capitanate da quelle “made in Caltragirone” che sta realizzando la terza linea metropolitana della Capitale. La nostra proposta, però, non è quella di fermare la linea ed interrompere i cantieri. Anzi rilanciamo: si faccia una nuova gara che, a costi più bassi, porti alla realizzazione della tratta T2, con tutte le fermate inizialmente previste nel progetto: non solo Chiesa Nuova ma anche Argentina e Risorgimento.

Il comitato è arrivato a questa conclusione, che diventa una richiesta ufficiciale al prossimo sindaco di Roma, al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e al ministro dei Trasporti, Graziano del Delrio, dopo anni di attesa e fiducia mal riposta nell’operato del consorzio Metro C Spa. Le imprese che attualmente stanno realizzando la linea C, a nostro avviso, dovranno continuare a lavorare fino alla tratta attualmente finanziata ed approvata, ovvero fino al Colosseo. Su questi segmenti il consorzio ha le spalle coperte da contratti firmati la cui rescissione porterebbe a penali, a carico del Comune, nell’ordine di centinaia di milioni di euro. Ma dal Colosseo in avanti, quindi dalla stazione di Venezia (l’unica parzialmente finanziata con 155 milioni, tra quelle dopo il nodo con la linea B), serve una nuova gara, da affidare ad imprese diverse da quelle attualmente impegnate nei lavori.

Si può fare. A permetterlo c’è una clausola contenuta nell’atto attuativo firmato nel settembre 2013 dall’ex assessore Guido Improta. In pratica da quest’anno (2016) l’atto attuativo consente alle parti di rescindere il contratto senza strascichi penali. In particolare si legge che “le parti concordano che in caso di mancato finanziamento anche di parte della residua Tratta T2 da Venezia (esclusa) a Clodio / Mazzini entro il 31 dicembre 2016 ciascuna di esse potrà esercitare il diritto di recesso di cui all’art. 1.6.3 del CSA per la parte di Opera non finanziata,senza che nessuna delle Parti possa nulla pretendere dall’altra in ragione dell’esercizio del diritto di recesso“.

Insomma tagliare i ponti con Metro C spa si può fare, ora o mai più. E per diversi motivi. Il primo, quello relativo al tempo. I ritardi accumulati dai cantieri sono intollerabili, e gli alibi dei costruttori sono solo parziali. La linea C sarebbe dovuta arrivare a San Giovanni a fine 2011. Se va bene, la stazione, nodo di scambio con la linea A e quindi con l’intera rete, sarà inaugurata a fine 2016, con 5 anni di ritardo. Le scuse dei costruttori sono solo in parte condivisibili. E’ vero: la sovrintendenza ha imposto molti stop, a partire da quello più lungo: i due anni di tempo persi proprio a San Giovanni per capire come modificare il progetto a seguito del ritrovamento di strati archeologici importanti di epoca romana. Inoltre le risorse erogate dagli enti finanziatori sono stati spesso a singhiozzo. Ma anche mettendo insieme tutto il tempo perso a causa degli stop imposti dall’alto (Sovrintendenza e enti finanziatori), ammesso che una momentanea interruzione del flusso finanziario possa determinare lo stop unilaterale dei lavori, e noi non lo crediamo, non si arriva certo ai 5 anni di ritardo che attualmente sconta l’opera, che diventeranno almeno 10 se Clodio sarà inaugurata tra il 2024 e il 2025, quando invece doveva essere pronta nel 2015.

Il secondo motivo che ci spinge a chiedere la rescissione del contratto è la lievitazione dei costi imposta dal consorzio. In passato ce ne siamo già occupati, appoggiando ogni inchiesta della magistratura finalizzata a fare luce sulla vicenda e chiedendo sempre, però, di non fermare i lavori. Il punto è che oggi gli extracosti sono arrivati ad una cifra davvero eccessiva: la linea C fino ad oggi è costata 3 miliardi 739 milioni, cioè 692 milioni in più del prezzo di aggiudicazione dell’appalto per l’intera linea fino a Clodio. Ma l’opera è finanziata fino al Colosseo, con il risultato che la tratta T2 attualmente non solo non è approvata ma non è nemmeno coperta da risorse, se non per i 155 milioni stanziati per la stazione Venezia, che però, non basterebbero a coprire neanche la realizzazione a rustico della stazione!

E non è tutto. Perché c’è poi il tema degli scandali. Si parla di sub appalti affidati a imprese in odor di Mafia. Di corruzione. Un supermanager dello Stato, Ercole Incalza, capo della struttura di missione per i Lavori Pubblici e uomo di collegamento tra imprese e ministero dei Trasporti proprio sul tema linea C, è stato arrestato nell’ambito delle inchieste che hanno portato alle dimissioni Maurizio Lupi. Si ricordi poi anche il contenzioso aperto dalle imprese per ulteriori due miliardi (!) dissolto poi con l’atto attuativo a dimostrazione di quanto queste richieste fossero strumentali e non basate su reali aumenti dei costi. Su tutto, infine, incombe la scure delle inchieste della Corte dei Conti e dell’Anac. Molti ritengono che sia proprio questo il motivo che ha spinto il Comune a tirare il freno a mano nell’erogazione delle risorse dovute ai costruttori. Troppa la paura di firmare atti che potrebbero finire sotto inchiesta. E sono in molti a ritenere che a breve arriveranno i giudizi, proprio della Corte dei Conti e dell’Anac, che certificheranno l’inadempienza contrattaule a carico di Metro C spa. Sarà la definitva mazzata, o meglio il grimaldello, che permetterà di trovare l’escamotage normativo per interrompere le relazioni con gli attuali costruttori.

Senza dimenticare l’elemento forse più importante: la totale snaturazione del contratto, sicuramente mal nato con l’appalto di un progetto per la maggior parte preliminare e con l’affidamento della direzione lavori alle stesse imprese realizzatrici; Oggi definitivamente svincolato da qualsiasi possibilità di controllo per le numerose modifiche apportate nel corso degli anni: il pre-finanziamento praticamente azzerato; L’impossibilità di rescindere per l’aumento dei costi oltre 1/5 di quelli a base di gara (cardine di qualsiasi appalto che si rispetti); L’onere archeologico totalmente scaricato sul Committente; Il riconoscimento di oneri aggiuntivi per qualsiasi rallentamento ai lavori non dovuto al Contraente Generale (praticamente tutto).

Meglio, dunque, proseguire con un nuovo contratto, e possibilmente, con nuove imprese. Senza dubbio. Obiezioni? Si, ce ne sentiamo già una nelle orecchie: “Ma così si perde troppo tempo“. Oggi, con l’attuale metodologia, per arrivare a Ottaviano si prevedono circa 9 anni dal momento di avvio dell’iter (progettazione, approvazione e realizzazione); Iter che non si avvierà finchè non ci saranno tutti i soldi sul tavolo. Abbiamo calcolato che l’iter burocratico necessario a far ripartire un nuovo appalto (per la sola tratta T2) possa portare via circa un anno in più, tra nuova gara, aggiudicazione e possibili ricorsi. Ma riteniamo che questo slittamento possa essere controbilanciato da un progetto di alto profilo ingegneristico e architettonico in grado di contemplare tutte le stazioni previste districandosi tra archeologia e stabilità dei monumenti, e probabilmente con costi e tempi più contenuti. Ipotizzando quindi un nuovo contratto per la T2 nel 2018 riteniamo che, al netto di ritardi tollerati nell’ordine di 12 mesi, la tratta fino a Clodio potrebbe essere inaugurata tra il 2025 e il 2026. Difficile sperare di essere pronti nel 2024, per le Olimpiadi, a meno di miracoli ingegneristici.

Arriviamo infine al nostro rilancio sulla T2. La nuova gara deve prevedere la realizzazione di tutte le fermate previste nel progetto del 2002: quindi Venezia, Argentina, Chiesa Nuova, San Pietro, Risorgimento, Ottaviano e Clodio/Mazzini. Ovviamente siamo a conoscenza del “no” della Sovrintendenza alla stazione Argentina e dei dubbi di vario ordine e genere su Chiesa Nuova. Ma allora come facciamo ad avere un progetto di alto profilo ingegneristico in grado di superare questi ostacoli? Le idee per risolvere le varie problematiche sicuramente esistono, basta chiedere alle persone giuste: per questo invitiamo il Comune ad avviare una expertise internazionale finalizzata ad individuare le adeguate tecniche costruttive per realizzare le stazioni cancellate, alla presenza di grandi studi di ingegneria italiani, europei e mondiali, con il coinvolgimento anche delle università. Per progettare una linea metropolitana nel cuore di un centro storico unico al mondo ci vuole un team di esperti unico al mondo. Vogliamo tornare agli obiettivi cardine della liena C: produrre indubbi benefici economici per l’intera città e dare accesso al centro storico in modo capillare da tutti i quartieri della Capitale serviti dal sistema metropolitano.

Rivolgiamo un invito particolare al Governo. Non ci siamo dimenticati le parole del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante l’apertura della Variante di Valico il dicembre scorso: L’Italia non è il Paese delle incompiute, non è il Paese delle opere lasciate a mezzo, dobbiamo avere il coraggio e l’orgoglio di pronunciare il nome Italia con molta maggiore forza e potenza di quanto abbiamo fatto”. Non vogliamo vivere in una città e in un Paese che lascia fondamentali opere incompiute perché elettoralmente improduttive o economicamente impegnative. Il Governo si intesti questa battaglia ed elabori per la prima volta nella storia repubblicana una propria strategia nazionale sulla Capitale degli italiani, che non sia in contraddizione con gli eletti locali, ma che sia di collaborazione ad un fine più alto: dare nuova speranza alla Capitale della Repubblica, ripartendo da quegli investimenti infrastrutturali di cui ha disperatamente bisogno. Proviamo a salvare e rilanciare la linea C, Roma ne ha bisogno.