L’athenaeum di Adriano (?) ucciderà la linea C?

La domanda sorge spontanea a chi ha a cuore non solo il passato ma anche il futuro dei romani. Perché se è vero come strombazzano i giornali che è stata fatta la scoperta più rilevante degli ultimi 70 anni, è anche vero che non è chiaro quale sarà il futuro della terza linea della capitale (ad onor della cronaca il corsera darebbe già per eliminata la stazione Venezia, ma riteniamo che questa affermazione sia stata una leggerezza della giornalista non esattamente consapevole della portata di quello che scriveva).

Perché i toni trionfalistici imbeccati alla stampa dalla soprintendenza lasciano intuire un mettere le mani avanti sul futuro della metro C. Il messaggio chiaro: qui la metropolitana non si fa’. E se non si facesse la Venezia tutte le altre stazioni del centro storico salterebbero come cavallette: sempre troppo difficili e troppo costose da fare. Infine non bisogna essere dei raffinati trasportisti per capire che, anche senza solo la fermata Venezia, diventerebbe assolutamente inutile proseguire la Linea C oltre la fermata Colosseo.

La tutela del nostro immenso patrimonio ci si sta ritorcendo contro.

Anche ieri c’è stato l’ennesimo guasto alla rete metropolitana (esistente). Un giorno si blocca la B, l’altro la A. E ogni volta assistiamo al traffico decuplicato e alla città che si paralizza totalmente. Come se ce ne fosse bisogno, è la prova provata che le metro servono. E che le cose in superficie andrebbero molto meglio se ci fossero più linee sotto terra. Riusciamo a immaginare cosa sarebbe ogni giorno questa città senza la A e la B. El Cairo? Nuova Delhi? Trovate voi il paragone.

Si immagini ora, di converso, cosa sarebbe questa città con due linee in più. O con quattro. A questo dovranno pensare tutti coloro i quali hanno il potere di fare o di bloccare i lavori infrastrutturali che questa città aspetta da 50 anni. A questo deve pensare la soprintendenza ai beni archeologici, che non deve rispondere a nessuno, men che meno ai romani, quando sarà nella condizione di porre il veto ai lavori nel sottosuolo romano. Il benessere della città dipende anche, e forse questa volta soprattutto, da lei. Dalla sua capacità di porsi ineditamente come parte attiva di una tutela del patrimonio coniugata al benessere e al miglioramento delle condizioni di vita dei romani viventi. Ci rendiamo ben conto che carichiamo la soprintendenza di oneri non suoi. Ma è anche vero che chi ha il titolo e la responsabilità di tutelare il diritto alla mobilità dei cittadini non è decisore di ultima istanza. Mentre la soprintendenza si, essendo i suoi veti inappellabili. Un potere grandissimo che confidiamo venga usato con un senso di responsabilità che superi il mero mandato del suo ufficio.